giovedì 6 ottobre 2016

GUATEMALA - Il cuore del mondo Maya -



GUATEMALA – Terra della civiltà Maya, dei templi, della magia, 
dei colori  e della scienza Precolumbiana 
Durante il  mio lungo girovagare attraverso l’America Latina, non poteva mancare il Guatemala,  cuore della civiltà Maya. Un viaggio fatto un po di anni fa di  cui ricordi e  sensazioni sono ancora  scolpiti intatti nella mia mente. 


Ho ripreso i miei appunti scritti su vari foglietti e ho deciso di metterli in ordine e di ripercorrere di nuovo quel viaggio con la mente e con il cuore. Il Guatemala, paese unico, affascinante e per certi versi misterioso. Un paese che ti conquista appena scendi dall’aereo. I colori intensi, l’aria che si respira, le voci della gente, i mercati variopinti   ti conquistano per sempre.


In questo paese ci sono circa 13 .000.000 abitanti stimati, di cui 3 milioni nella sola capitale, Città del Guatemala . La maggior parte vive in zone rurali in un territorio inospitale anche se spettacolare da un punto di vista naturalistico. Leggendo la guida, Città del Guatemala è descritta come pericolosa in realtà però è come tutte le altre città sudamericana. 


Naturalmente è meglio evitare alcuni quartieri. 

Il giorno dopo con un bus coloratissimo mi sposto ad Antigua, qui è tutta un’altra cosa . E’ una bellissima città coloniale, linda e pulita, cosi tutto in ordine e perfetto  che sembra rifatta. Circondata da tre stupendi e pericolosi vulcani che sono: Agua, Fuego e Acatenango. Questi non sono i soli vulcani che caratterizzano questo paese. Il Guatemala è definito una pentola che bolle, anche se tutti gli altri vulcani per il momento sono inattivi.   Antigua è magnifica , una cittadina tranquilla che invita al rilassamento totale. Dopo tre giorni il Guatemala on-the-road, che è quello che  si deve fare, ti porta poi su per le montagne, su strade complicate, in villaggi tutti diversi ma con una caratteristica comune: sono tutti colorati,  le persone sono colorate, i mercati sono colorati, le case, le chiese sono colorate perfino i cimiteri sono colorati. Come se i colori cancellassero i tanti problemi legati alla povertà e alla miseria della vita. Il viaggio successivamente mi porta sul lago di Atitlán. Dall’alto di una strada di montagna si gode  una vista spettacolare,  si scende verso il lago precisamente  a Santiago di Atitlán.


l’atmosfera che si respira è magica. Il lago sembra d’argento, i vulcani che lo circondano si specchiano dentro formando nell’acqua giochi di colori meravigliosi. Mi sdraio sul prato in riva al lago e osservo il via vai di donne Maya impegnate  nella loro vita quotidiana. C’è chi lava i panni, chi mercanteggia, chi fa tappeti, chi semplicemente con la scusa di venderti qualcosa ti chiede da dove vieni, chi sei, cosa fai. 



Dopo un lunghissimo viaggio sono finalmente a Tikal. La magia del luogo e quella privata emozione  che ti prende guardando il sole che scende sulla foresta e arrossa le vecchie pietre degli altri templi Maya è veramente qualcosa difficile da descrivere. 




Prima che il verde inghiottisse tutto, lasciando fuori solo i grattacieli del tempo tra cui i 74 metri del tempio del Giaguaro e tutti gli altri, vi era gente che conosceva la matematica, lo zero, i pianeti e le stelle, popolo che aveva diviso il tempo con la precisione di un astronomo moderno, che faceva funzionare una società solida ma mistica, in un connubio fantastico tra realtà  e profonda sacralità, che aveva ideato templi e palazzi reali tanto solidi da resistere ancora oggi come non resisteranno, probabilmente, i grattacieli moderni. Ad oggi si vedono villaggi, case sbriciolate dal tempo, frammisti alla cultura, cancellata dalle invasioni e ancora dal tempo  fin che resti a Tikal il Guatemala è lontano. Tikal è il sito archeologico più bello, importante e visitato del Guatemala. 


Occupa almeno 20 km quadrati e si calcola che ai tempi del massimo splendore fosse abitato da almeno 50.000 persone. E’ stata la capitale , la città più potente. Le hanno costruito un parco protetto intorno, decine di squadre lavorano tutti i giorni per ripulire templi palazzi ancora sepolti o soffocati dalla vegetazione . Scendi dai gradini del tempio, lasci la magia, un tramonto che ti sembra il primo tramonto della tua vita,  il ritorno verso il tuo Hostal  quasi al buio nella foresta, con le scimmie che saltano e urlano sugli alberi, una tarantola enorme  che ti attraversa il sentiero, aggiungi ancor nuove emozioni.


lunedì 3 ottobre 2016

- IL RITORNO SULLA RUTA MAYA -

MEXICO - La terza volta -Il ritorno Sulla Ryta Maya

Dopo 15 anni, quest'anno ritorniamo per la terza volta  in Mexico, un paese che ci è rimasto nel cuore. Ritornare nel regno del misterioso popolo Maya per  approfondire e scoprire altri luoghi che tempo fa durante altri due viaggi in Mexico avevamo  giusto sfiorato. Onnipresente sui depliant dei maggiori tour operator, la classica vacanza messicana prevede un soggiorno al mare, possibilmente Cancun o Playa del Carmine (questi due luoghi nel 1990 erano quasi sconosciuti almeno Playa Del Carmine era un piccolo villaggio con un solo Hotel e qualche spartana capanna), escursioni ai siti Maya più conosciuti (di solito Tulum e Chichen Itza) e infine, se si desidera vedere una Città coloniale, un trasferimento a Merida. Anche noi, anni fa avevamo riservato allo Yucatan solo la parte finale di un lungo viaggio nelle regioni centromeridionali. Una seconda volta lo avevamo dedicato alla scoperta del Nord e della Baya California non ci eravamo  molto discostati da questo copione. Ma la penisola dello Yucatan offre di più: Siti Maya sperduti all'interno di remote riserve naturalistiche, meravigliose città coloniali patrimonio dell'UNESCO e le tradizioni popolari dei lontani villaggi. Poi ritornare per la seconda volta  in Belize e dedicarlo questa volta  ai siti Maya per terminare il viaggio in uno dei numerosi Keye.



I viaggi in Mexico sono stati  indimenticabili, vissuti in luoghi dove leggende e storia hanno fatto di questo paese un luogo come nessuno altro al mondo. L'emozione di "vivere" per diversi giorni, nelle alte vette a Crel nello stato di Chihuahua. Alloggiare in piccole locande dove il nome del paesino che ti ospita non è scritto nemmeno sulle carte geografiche locali. 


Effettuare i vari spostamenti su degli autobus e dividere il viaggio con i locali che oltre alla famiglia o a qualche parente portano con sè nel bus le galline e maialini. Scendere sulla costa Mar De Cortes con il famoso treno del Canyon del Cobre. Una linea ferroviaria che unisce il Pacifico partendo da Los Mochis, nello stato di Sinaloa, fino alla città di Chihuahua. Attraversare paesaggi spettacolari, giganteschi ed impressionanti canyon chiamati barrancas. In questo tezo viaggio l'abbiamo dedicato alla scoperta di quei siti Maya ancora sconosciuti e fuori (forse) dai soliti circuiti turistici. più grande  barriera corallina del mondo-
























660 km che Chihuahua attraverso uno dei più spettacolari paesaggi del Mexico la Sierra Tarahumara arriva a Los Mochis sul mar De Cortes. i 170 Km che vanno da El Fuerte a Bauchivo ha un dislivello di 1600 m. e sale ancora di 800 m. per raggiungere Devasidero e da li a Creel


                                 Seconda parte del viaggio nella Baya California del Sud



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martedì 5 luglio 2016

VIAGGIO NEL PAESE DEGLI INVISIBILI


Io credo che i bambini nel mondo debbano essere liberi di crescere e diventare adulti, in salute, pace e dignità.
(Nelson Mandela)

Premetto l’attentato terroristico in Bangladesh, con la morte di nove italiani merita una condanna senza SE e senza MA. La storia del terrorismo Islamico finanziato e sostenuto per anni dai settori imperialisti che finanziano paesi ormai noti e amici dell’occidente per la destabilizzazione di interi paesi, che uccide persone innocenti, che vuole far piombare l’umanità in un medioevo senza precedenti. Un terrorismo che colpisce alla rinfusa, che non ha nulla a che fare con rivendicazioni progressiste e neanche lontanamente sostenibili o giustificabili, che è riflesso dell’imperialismo e non certo lotta per l’emancipazione, la liberazione dei popoli. Oggi di fronte a questa ennesima strage avvenuta in un paese tra i più poveri del mondo, un paese che spesso è afflitto da catastrofe naturali,  dove la popolazione vive in condizioni disumane mi viene difficile  unirmi al solito coro della stampa, della televisione, dei social network che piangono, che sono pronti a fare crociate di vario genere. Io oggi sono e voglio andare contro corrente e farmi alcune domande . A Dacca non ci sono belle spiagge, non ci sono monumenti, non ci sono attrazione turistiche,  praticamente non c’è niente,  questa è veramente una città brutta e poverissima.
Il Bangladesh ha però una ricchezza che attrae e giustifica la presenza di tanti imprenditori ed è quella che è un paese ricco di bambini e bambine di gente poverissima che lotta per la propria sopravvivenza,  dove la schiavitù e tollerata, dove non esistono diritti umani, dove è facile comprarsi un bambino o bambina e farlo/a prostituire perché anche questa è lecito.  Il Bangladesh è uno dei pochi paesi musulmani dove la prostituzione è legale e nel bordello più antico del paese, Kandapara, vivono oltre 700 donne.

Le ragazze vengono impiegate giovanissime, ancora bambine, dai 12 anni di età.

Spesso vengono vendute dalle loro famiglie, troppo povere per mantenerle; oppure, poverissime, entrano nel bordello per saldare dei debiti, ma dopo averli estinti non sono in grado di reintegrarsi nella società, ormai stigmatizzate come prostitute e impossibilitate a trovare un altro lavoro per il resto della loro vita.

In questa realtà, assoldare centinaia di bambini/e rinchiuderli in piccole stanze, farli lavorare notte e giorno senza mai uscire è legale, poi se per caso succede un incendio o  crolla come è avvenuto sempre a Dacca  (qualcuno ricorderà) nel 2013 dove oltre 1100 operai, tra cui donne e bambini morirono nel crollo di una fabbrica. Allora un’importante catena di abbigliamento italiana risultò coinvolta, in quanto appaltatrice di decine di migliaia di capi, inchiodata dalle foto del crollo e dalle etichette ben evidenti, nonostante un tentativo iniziale di negare ogni coinvolgimento.

Ecco forse in tutto questo si riesce a trovare le risposte della presenza di tutti questi imprenditori,  (mi viene difficile anche definirli imprenditori forse è meglio definirli schiavisti)   Naturalmente non vi è alcun legame e nessuna giustificazione rispetto all’attentato dell’Isis sia chiaro, ma non si parli di filantropia, o passione per i viaggi. Alcune stime economiche hanno verificato che sui capi di abbigliamento prodotti tramite subappalti nel sud est asiatico le grandi marche riescano a ricavare un profitto di oltre venti volte il costo pagato alla fabbrica che esegue il lavoro. Una polo ad esempio, venduta in Italia a 80 euro ne costa appena 4, 5. Di questi una parte misera finisce ai lavoratori, pagati meno di 2 euro al giorno.

Per capire cosa sta accadendo in Italia basta farsi un giro nei distretti tessili di un tempo oggi ridotti a un cumulo di macerie o rilevati da aziende che usano manodopera straniera costituendo una sorta di zone economiche speciali (Prato), tollerate dallo stato, in cui le condizioni di lavoro del sud est asiatico sono di fatto importate in Italia.
Sappiamo cosa accade, sappiamo quanto gravi siano le responsabilità delle aziende italiane, dell’elitè della moda, e del made in Italy in tutto questo. In Bangladesh, come dicevo prima oggi ci sono migliaia di operai sottopagati schiavizzati che lavorano in condizioni disumane. Migliaia di Iqbal Masih, il bambino pakistano che denunciò la condizione di sfruttamento del lavoro minorile.  Le imprese italiane lo sanno.  Non sono lì a fare filantropia, non sono li per viaggi di piacere, per conoscere altre culture ma per reclutare schiavi.  Il mio pensiero va invece a quella schiera di volontari come quella di  Terre des Hommes, l'onlus e a tutte quelle persone che cercano di portare un aiuto, un sorriso a queste popolazione a questi bambini/e


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mercoledì 29 giugno 2016

MEXICO - BAYA CALIFORNIA – Isla de Espiritu Santo

MEXICO - BAYA CALIFORNIA – Isla del Espiritu Santo


Ho già scritto su questo Blog della Baya California, questo post voglio dedicarlo esclusivamente all’Isla Espirutu Santo e allIsla Partida.  Due gioielli incontaminati inabitata dall'uomo che sicuramente non si dimenticheranno maiL'Isla Espíritu, la più vicina alla penisola di Pichilingüe raggiungibile da La Paz, è lunga diciannove chilometri e larga cinque. Qui si possono ammirare meravigliose baie, una abbondante vita acquatica, rettili terrestri, uccelli e anfibi. Questo deserto di oltre 9.000 ettari rappresenta uno degli ecosistemi meglio conservati di tutta la Baja California e può vantare cinque specie di mammiferi e rettili, tra i quali il bassarisco, molto simile ai procioni, la lepre dalla coda nera e un tipo di scoiattolo di terra, tutti quanti originari di quest’isola.


Gli archeologi hanno trovato delle prove che testimoniano che gli uomini misero piede per la prima volta su quest'isola ben 40.000 anni fa. L'Isla Espíritu Santo è un incanto per quanto riguarda la protezione della natura e l'evoluzione naturale. Le uniche creature che reclamano questa terra come propria sono i leoni marini, le razze, i delfini, le tartarughe e, in determinati periodi dell'anno, le balenottere grigie e gli squali grigi. 


A livello morfologico, la Isla Espiritu Santo è il risultato di un processo di sedimentazione vulcanica, che ha dato origine nel corso dei secoli a una conformazione del terreno dove la lava di colore nero si alterna alle sfumature rosa della polvere vulcanica. Grazie al processo di modellazione ed erosione, l’isola regala itinerari da sogno per gli amanti del trekking, con sentieri che si snodano tra i canyon e le rocce regalando panorami mozzafiato sulla baia.


Protetta dall'UNESCO in qualità di riserva della biosfera, l'isola fu venduta al governo messicano nel 2003 grazie all'impegno e alla cooperazione di numerose organizzazioni senza fini di lucro che raccolsero ben 3 miliardi e trecentomila dollari per rimborsare i proprietari delle terre passate nel demanio dello stato. Oggi l'isola è amministrata dalla Comisión de Áreas Naturales Protegidas de México, la commissione che si occupa proprio delle aree naturali protette messicane, che sta collaborando con associazioni senza fini di lucro per proteggere altre dieci isole private presenti nel golfo.

Ci sono diverse compagnie per effettuano tour sull’isola, la cosa più emozionante e campeggiare sull’isola. L’afflusso è regolamentato attentamente e le guide pongono massima attenzione al rispetto delle regole. In cambio in questo  luogo magico si possono ammirare acque cristalline e colori meravigliosi; le rocce sembrano essere scolpite per sorprendere il viaggiatore e strati di colate laviche si alternano creando surreali composizioni che si riflettono nel mare creando un’atmosfera magica che difficilmente si riesce a dimenticare .



mercoledì 4 maggio 2016

MERAVIGLIOSA E MAGICA MATERA


MERAVIGLIOSA E MAGICA MATERA
 
 
L'Italia è un paese meraviglioso (i politici sono la rovina) pieno di meraviglie, noi che ci viviamo lo sappiamo bene. Spesso però queste meraviglie, che in tutto il mondo ci invidiano, sono poco o per niente valorizzate e spesso deturpate, abbandonate, violentate, Uno degli esempi più eclatanti di queste dimenticanze nazionali è certamente Matera. In Basilicata, regione anch'essa poco conosciuta dal punto di vista turistico, Matera è una perla che lascia a bocca aperta e non solo per la sua unicità storica e la sua bellezza intatta.
Abbiamo trascorso poco tempo  in questa città magica, con la promessa di ritornarci per viverla e scoprirla ancora di più.

Matera ha una storia unica: ribattezzata nel 1948 la vergogna d'Italia da De Gasperi e Togliatti per le condizioni igienico-sanitarie in cui versavano i suoi abitanti che vivevano in quei sassi che ora attirano turisti da tutto il mondo, venne completamente evacuata dal 1953. Per 30 anni, fino al 1986 e soprattutto dal 1993, quando l'Unesco dichiarò la città Patrimonio mondiale dell'umanità, le abitazioni scavate nella pietra calcarenite rimasero perlopiù abbandonate. Questo allontanamento della popolazione, i riconoscimenti e l'energia dei materani ci regalano oggi una città magica,, di una bellezza intatta che toglie il fiato.

 

Matera, la Città dei Sassi, considerata fra le più antiche del mondo, un vero e proprio museo a cielo aperto della straordinaria avventura umana dall'età della pietra ai giorni nostri. Matera, la città dei contrasti dallo sfarzoso Barocco dei palazzi nobiliari, alla semplicità e modestia delle case-grotta e delle Chiese rupestri. Dal 1993 Matera con i Sassi ed il Parco delle Chiese Rupestri sono stati riconosciuti come Patrimonio Mondiale dall'Unesco.




Le Chiese Rupestri racchiudono una storia di semplicità e povertà che con il tempo si sono trasformate in un fascino di inestimabile bellezza.....dove “l'insediamento umano nel territorio è di storia antichissima. Il nucleo originario della città era, ed è ancora oggi, costituito dalla Civita ai cui lati, nelle due conche carsiche, si sono sviluppa gli stupefacenti Sassi. Nel X sec. gruppi di pastori incominciarono ad insediarsi e a ricavare nella morbida roccia abitazioni rustiche.


Questi agglomerati divennero talmente complessi da determinare un'occupazione totale dei pendii e diedero vita ad una delle strutture urbane organizzate più incredibili mai create al mondo un capolavoro assoluto dell'ingegno e della capacità di adattamento di un'umanità impegnata a sopravvivere alle difficoltà ambientali.”


I Sassi di Matera sono stati abitati come dicevo prima  fino al 1952, quando una legge dello Stato sancì il loro sgombero, in quanto non c'erano più le condizioni igienico-sanitarie umanamente possibili per l'utilizzo come abitazione, in quanto convivevano essere umani ed animali in condizioni di estrema povertà e promiscuità. Da allora, questi Sassi si sono trasformati in luoghi di interesse culturale a livello mondiale, un fascino che ha catturato anche registi per la realizzazione di film che hanno avuto come scenografia questa spettacolare architettura primordiale che è quella dei Sassi di Matera (si contano oltre 30 film girati, il più famoso è “The passion” con Mel Gibbson del 2003).

Matera non è fatta per un turismo mordi e fuggi, quello che si vede più spesso da queste parti: merita di essere scoperta con la dovuta lentezza, incuriosendosi per la sua storia, scoprendo i suoi saporie profumi, passeggiando pigramente per le sue scalinate alla scoperta di scorci e angoli da esplorare per questo ci siamo promessi di ritornare per fermarci 3-4 giorni, il minimo indispensabile per provare a vivere e perdersi nella ragnatela delle sue viuzze .
 


 

martedì 3 maggio 2016

ISOLE DI CAPO VERDE 2001 -





VIDEO


"Nel cielo sei una stella / che non brilla / sul mare sei sabbia / asciutta . / Dispersa nel mondo / scogli e mare. / Terra povera, colma d'amore / dove ci sono la morna e la coladeira. / Terra dolce piena d'amore / dove ci sono il batuco ed il funanà . / Che nostalgia / una nostalgia infinita, / mio piccolo paese quanto ti amo / quanto ti amo."

Questo cantava la bravissima Cesaria EVORA Cantante capoverdiano di Mindelo Isola di Sao Vicente.

martedì 1 marzo 2016

UTERO IN AFFITTO -


Perche trovo aberrante l’utero in affitto.
 
Ho fatto una piccola ricerca  su internet  sulla pratica dell’utero in affitto,  se prima trovavo folle questa pratica adesso la trovo aberrante.

Ci sono innumerevoli i siti d’informazione e i portali delle cliniche che pubblicizzano la pratica dell'utero in affitto come un prodotto perfetto, con un’assistenza completa per tutta la durata del cosiddetto “programma”. Fecondazione in vitro, impianto, parto. Tali siti ovviamente si guardano bene dal pubblicizzare con altrettanta chiarezza i rischi non solo legali ma anche di salute che la realizzazione del “prodotto perfetto” comporta e che arrivano fino alla morte della donna e alla malformazione del feto. Capitolo a parte sono i costi, che ne fanno un vero business da 12-20mila euro in India, a 40mila in Ucraina, ai 100mila in alcuni degli Stati Uniti d'America e 100/150 mila in Canada (dove si sono recati Vendola e fidanzato). Sono le agenzie intermediarie a stipulare un vero e proprio contratto con il committente: del compenso pattuito, alla madre va una minima parte (ma anche se alla madre andasse l'intero importo, ciò non renderebbe la questione meno grave). Se durante la gestazione i controlli evidenziano anomalie nel feto, il committente può, per contratto, obbligare la madre surrogata ad abortire senza neppure consultarla e quasi sempre senza poi pagarla.  Spesso il contratto include anche la possibilità di scegliere il sesso del nascituro. Gli agenti intermediari selezionano accuratamente la madre surrogata: ciò che conta è che sia una ‘portatrice sana’ e che venga ben nutrita e controllata nel suo stato di salute durante i nove mesi di affitto. Tra le varie proposte commerciali c’è anche chi promette la scelta della donatrice d’ovuli tra le candidate disponibili (bionda, occhi azzurri, ecc.): una vera e propria selezione della “razza”, o meglio, ricerca di mercato del “prodotto”, come quando, appunto, si acquista un oggetto. La madre in affitto trascorre la sua gravidanza in residenze protette, per assicurarle una nutrizione adeguata e tenere sotto controllo le condizioni igieniche e sanitarie, le viene impedito di incontrare il proprio marito, per evitare il rischio che contragga malattie sessualmente trasmissibili, in pratica per essere certi che il prezioso prodotto commissionato non si possa avariare o deteriorare! Il bambino viene sottratto subito dopo il parto impedendone l’allattamento alla madre naturale, alla quale non viene neppure detto se è maschio o femmina. Le residenze protette servono anche per impedire alla donna di scappare con il figlio appena partorito per mettere al riparo i vari committenti dal rischio che la ‘donna incubatrice’ abbia ripensamenti. È una vera e propria transazione commerciale, per cui spetta ai clienti porre le condizioni del servizio per il quale pagano (la maternità surrogata) ed ottenere il “prodotto” commissionato. Nel panorama mondiale degli uteri in affitto, l’industria indiana della maternità surrogata è stimata produrre un indotto complessivo enorme, circa due miliardi di dollari, con un migliaio di cliniche, spesso non regolari. Sono di recente denuncia ad opera di organizzazioni per i diritti umani, casi di ragazze comprate in villaggi poveri con l’illusione di un lavoro come domestica, che vengono ridotte in schiavitù nel mercato degli uteri in affitto. (5) Secondo il tariffario (!) pubblicato dal New York Times, una madre surrogata indiana costa in media 25mila euro (dai 10.000 ai 35.000 dollari), una madre americana tre volte di più (tra 59.000 e 80.000 dollari), ma ci sono casi di compensi che sfiorano anche i 150mila euro. A Creta i costi più bassi: un figlio costa in media 12mila euro. Il Guatemala è un mercato emergente: si possono risparmiare più di 10mila dollari. Altro Paese emergente nel mercato globale delle gravidanze conto terzi è la Thailandia. Seguono Ecuador, Bolivia e Haiti. L’Argentina sta valutando l’opportunità di rendere legale la pratica che si sta diffondendo, anche in Europa, soprattutto in Russia e Ucraina, ma anche Polonia e Romania. Come si può capire dai dati, le fabbriche di maternità sono prevalentemente nei Paesi poveri e gli acquirenti sono i ricchi. Esiste dunque un mercato riproduttivo globale nel quale, in sostanza, le donne povere, soprattutto orientali, vengono pagate dalle donne ricche per condurre le gravidanze al posto di queste ultime o da single e coppie omosessuali per colmare il desiderio di famiglia tradizionale. L’utero in affitto è insomma una nuova schiavitù per i poveri, un nuovo business e un lusso per ricchi, qualunque sia il loro orientamento sessuale. A prima vista questa pratica della surrogazione di maternità può sembrare una pratica emancipativa, una di quelle situazioni in cui la donna sarebbe libera di decidere del proprio corpo. Io personalmente non sono d’accordo perché se si si riflette e si fa un esame più approfondito, viene fuori l’aspetto importante in questo mondo guidato solo dalle leggi del mercato e cioè che a regolare questo passaggio, per cui una donna cede il proprio utero ad altri, è la fredda logica della domanda e dell’offerta, vilmente tradotta nella mercificazione del corpo, della madre e del figlio. Le motivazioni addotte dal fronte del sì per cui in questa pratica si rivelerebbe in tutta la sua compiutezza la possibilità per le donne di autodeterminazione del proprio corpo, rivendicata e parzialmente ottenuta attraverso le lotte degli anni Settanta per l’emancipazione femminile, decadono di fronte alla legge di mercato: qui non si tratta di gestire autonomamente il proprio corpo poiché non può esistere libertà di scegliere in un sistema basato sulla mercificazione dell'essere umano, sullo sfruttamento di classe e su profonde differenze tra Paesi imperialisti e Paesi coloniali e semicoloniali. Molte donne che vivono oggi in Paesi coloniali e semicoloniali, costrette dall’oppressione e dallo sfruttamento globali a vite sotto la soglia di povertà, accettano in cambio di pochi soldi di “solidarizzare” con chi è meno fortunato (per dirla con le femministe borghesi!) in questa ricerca di maternità. Senza contare che la presunta solidarietà di queste donne vittime del sistema, che le relega ai margini della società costringendole a scegliere di farsi tramite della felicità altrui, si infrange miseramente su se stessa se inquadrata nelle reali condizioni materiali in cui queste donne vivono. Le madri in affitto sono le stesse donne che nei loro Paesi non hanno diritto all'aborto, che non possono contare su nessuna politica sociale a sostegno della maternità, che non conoscono o non hanno accesso ai metodi contraccettivi, che sono vittime nella quotidianità di violenze domestiche e sociali, come per esempio il mancato controllo sullo sfruttamento. Il mio NON essere daccordo nasce prima di tutto contro lo sfruttamento e l’oppressione perché non è accettabile che una donna venda il proprio corpo per accontentare i “desideri” di ricche/i borghesi, siano questi desideri sessuali o di maternità. Dico NO contro il mercimonio di ogni cosa, persone incluse, che questa società consente, stabilendo cosa e quanto possa diventare merce, cosa e quanto si possa comprare per mantenere in vita un sistema ormai agonizzante. Come dimostra l'aumento della violenza domestica, le donne sono sempre meno indipendenti economicamente e, quindi, sempre più costrette a subire violenze maschiliste tra le mura domestiche. Lo stesso “desiderio” di maternità, così come ci viene imposto dalla società, che spinge fino all’aberrazione della compravendita di una maternità surrogata, non ha nulla di romantico: è spesso indotto dalle esigenze del sistema che ha necessità di mantenere un ordine, un equilibrio tra le classi per continuare lo sfruttamento e l’oppressione di una classe su un’altra.

martedì 2 febbraio 2016

CAMBOGIA 2016 - Diario di viaggio


CAMBOGIA 2016 - Diario di Viaggio



Oggi é il nostro primo giorno in questo angolo di mondo. La Cambogia, un paese che piano piano sta cercando, grazie al turismo, con fatica ed entusiasmo, di riemergere dal buio che il sistema  dittatoriale di Pol Pot e dei khmer l'aveva fatta sprofondare. Ovviamente solo una politica sensata e sana può riuscire nel miracolo. Oggi abbiamo ammirato il complesso di Angkor Wat I templi di Angkor che sono l'anima della Cambogia e fonte di un immenso orgoglio Nazionale.


Il complesso di Angkor Wat è raggiungibile percorrendo circa 7 chilometri con un tuk tuk o taxi (noi abbiamo preferito il Tuk Tuk più comodo e divertente) da Siem Reap. Il biglietto d’ingresso è molto costoso per gli standard della Cambogia: 20$ per un giorno e 40$ per tre giorni.  Un consiglio: Arrivando alle 9.00 si rischia, com’è successo a noi, di visitare il sito insieme a orde di gruppi di cinesi…è un peccato perché la visita al tempio meriterebbe un’atmosfera un po’ più “riservata”, percorrendolo in “fila indiana” perde molto fascino, per fortuna è possibile addentrarsi tra le rovine e scoprire qualche scorcio suggestivo in solitudine, chiedete al driver di visitare questo sito in altri orari, magari in tarda mattinata quando i gruppi organizzati si fermano per il pranzo. Il complesso dei Templi è la più grande struttura religiosa di tutto il Mondo ed il più grande capolavoro dell’architettura asiatica.


Foto, siti web danno la possibilità di osservare questo complesso architettonico di straordinaria bellezza ma certamente solo la visione dal vivo gli rende veramente giustizia tanto che consigliamo di visitarlo almeno una volta nella vita. L’edificio fu costruito come tempio funerario del re Suryyavarman II e dedicato alla divinità Vishnu. Una caratteristica importante è che si rivolge ad Ovest a differenza di tutti gli altri edifici e per questo si consiglia di visitarlo dopo pranzo o al tramonto per godere della luce migliore.
Il tempio dell'Angkor Wat è circondato da un fossato largo 190 metri che forma un grande rettangolo di 1,5 km e 1,3 km di lato. 





Angkor Thom
Proseguendo all’interno dell’area di Angkor si trova una grande zona fortificata chiamata Angkor Thom che fu costruita su una superficie di 10 Kmq. La principale attrazione è il Bayon, uno stupendo complesso caratterizzato da 216 giganteschi volti di pietra. A poca distanza la terrazza degli elefanti, lunga ben 350 metri e usata, un tempo, come tribuna per assistere a manifestazioni.
Bayon fu costruito da Jayavarman VII ed è uno dei templi più rappresentativi con le sue 216 facce di pietra e le gallerie con dipinti che illustrano scene di quel tempo. Il sito è diviso in tre spazi quadrati concentrici, la galleria interna, la galleria esterna e una terrazza superiore, tutte e tre aperte al pubblico.Un' altro tempio che affascina è quello di Ta Prohm che é sicuramente  il più suggestivo edificio di Angkor e completamente immerso nella natura. La sua struttura è spesso abbracciata da gigantesche radici di alberi secolari, la luce che filtra dalla vegetazione crea particolari effetti che rendono il luogo particolarmente affascinante.
Entrando nel sito è possibile immergersi in stretti passaggi, cortili e torri. Qui fu ambientata una scena del famoso film ‘Tomb Raider’ e vi è un albero che prende il nome del film proprio nel Santuario Centrale.
Il tempio fu costruito nel 1186 ed era un tempio buddhista dedicato alla madre di Jayavarman VII.






18/gennaio 2016
Chong Kneas

Secondo giorno del nostro viaggio, l'esportazione continua. La nostra escursione ci porta a Floating Village Il Villaggio galleggiante di Chong Kneas, luogo ideale per immergersi in uno stile di vita completamente diverso dal nostro. Le sensazioni e le visioni sono molto forti. Ci si immerge in un mondo di povertà con gente che lotta per la sopravvivenza. Con il solito tuk tuk, per 18 $ , raggiungiamo la riva del lago. Qui al prezzo di 20 $ a persona, molto caro in proporzione a quello che abbiamo pagato per la visita ai  templi di Ankor Vat ma ci dicono il ricavato viene usato per mantenere e aiutare i bambini abbandonati. Cos'é l'isola di Chong Kneas ? Si tratta  di un agglomerato di “case galleggianti” (non su palafitte ma galleggianti sull’acqua per assecondare le notevoli variazioni del livello delle acque a seconda della stagione) ammassate sulle sponde del canale che sfocia sul Lago Tonle Sap. Una sorta di villaggio abitato da famiglie di pescatori di diverse etnie tra cui una grossa comunità Vietnamita,  rifugiatasi qui durante la guerra del Vietnam, una comunità del Laos e naturalmente una Cambogiana , con tanto di scuole, chiese, campi da gioco e piccoli orti   galleggianti. Le condizioni di vita sono comunque molto scadenti ai limiti della sopravvivenza.  Il tasso di mortalità infantile è molto alto. I bambini devono imparare presto a badare a loro stessi e a non annegare qualora dovessero cadere nelle acque palustri del canale.

 Iniziamo l'escursione a bordo della nostra imbarcazione guidata da un giovane ragazzo, notiamo subito il degrado in cui vivono queste persone dimenticati da tutti, per loro non c'è nessun Dio eppure davanti a una qualsiasi baracca c'è sempre un statuetta di una divinità a cui si rivolgono, ma nulla cambia. Bambini in mezzo alla spazzatura e rifiuti di ogni genere,  pervasi da un odore nauseabondo proveniente da una discarica di pesci marci. Proseguiamo  il viaggio fino giunger nel bel mezzo del villaggio  quando Improvvisamente il ragazzo ferma la barca e inizia a parlarci di un orfanotrofio che ospita 300 bambini  che  é vietato dare dei soldi  ma sono ben venute le donazioni in cibo. Con una sorta di ricatto morale ci chiede di proseguire il tour fino a condurci in uno dei negozi galleggianti per acquistare del cibo, preferibilmente riso. Noi acconsentiamo mossi da umana pietas. La


delusione ci pervade quando giunti al negozio un uomo chiede 50 $ per 50 kg di riso. I
sacchi erano solo e esclusivamente di 50 kg. A questo punto decidiamo di prendere per i bimbi pacchi di merendine. Lasciamo il negozio e proseguiamo il viaggio fino a quando la barca improvvisamente si rompe. Rimaniamo fermi circa 45 min fino a quando un altro ragazzo barcaiolo ci viene a trainare e poi ricondurci al porticciolo. Certamente non dimenticheremo mai I bambini penzoloni dalle case galleggianti con gli occhi supplichevoli di un dollaro tuttavia siamo contenti di poter dire che anche il semplice affittare la barca può esser servito a dare un minimo di gioia a persone che non ricevono molto dalla vita.





19/01/2016
Giornata che dedichiamo a scoprire un po' Siem Reap, camminando esclusivamente a piedi, lungo il fiume, e stradine secondarie e fermandoci ad osservare il via vai della gente. Arriviamo fino al quartiere di Pub Streat diventata il centro nevralgico di Siem Reap.. Giriamo attraverso le bancarelle del mercato che vedono di tutto dai vestiti al cibo. Non potevano mancare bancarelle che cucinavano insetti di vario genere, piccoli serpentelli e ragni neri e altri insetti a noi sconosciuti. La giornata come al solito trascorre veloce e questa volta con il Tuk Tuk rientriamo in Albergo.




Per quanto riguarda Siam Reap, sicuramente una città che non ha nulla a che vedere con il resto della cambogia, pub street e il night market sono decisamente affollati da turisti da tutto il mondo. Turisti che, in molti casi, vedranno solo Angkor e poco altro. C’è una vastissima scelta di ristoranti e locali, impossibile non trovare qualcosa che faccia al proprio caso.
Noi ci siamo trovati  bene  in un ristorante a conduzione francese tuttavia non particolarmente economico avendo gli stessi prezzi europei.

20/012016
Partenza di buon mattino con un bus in direzione di Phnom Peanh e dopo circa 6 ore si arriva a destinazione. Il percorso ci ha consentito di capire come questo paese sia in via di sviluppo ma a modo suo e con tempi lentissimi. La strada é ancora in costruzione e per molti km é una vera e propria pista in terra battuta che durante la stagione secca (il nostro periodo)  la polvere la fa da padrone, riducendo spesso la visibilità a pochi metri. arriviamo in hotel alle 16,00 giusto il tempo per una salutare doccia, per poi  proiettarci fuori alla ricerca di un ristorante.








21/01/2016
Phnom Penh -
Una leggenda racconta: Un giorno, tanto tempo fa, un'anziana signora camminando lungo le rive del Mekong vide qualcosa che galleggiava sulle acque limacciose. Era un tronco d'albero che, portato dalla corrente, si avvicinava alla sponda. Non appena il legno toccò terra, la donna trovò al suo interno quattro statue di Buddha. Allora, per metterle al riparo, costruì una collina di pietre e vi sistemò il suo tesoro. La signora si chiamava Penh. Fu lei a creare, o forse più semplicemente a scegliere come nascondiglio per le statue, la collina che in Khmer si dice Phnom. Nacque così, secondo la leggenda, la capitale della Cambogia: Phnom Penh. Oggi, la capitale cambogiana è abitata da due milioni di persone e, per quanto possa sembrare "piccola" se paragonata alle vicine, caotiche e superaffollate Bangkok e Ho Chi Minh, non ha certo più nulla del vecchio villaggio di pescatori. La collina della signora Penh, però, è ancora al suo posto. Con i suoi 27 metri, svetta unica "altura" della capitale, nonché cuore della vita spirituale cittadina.


Per vedere gli abitanti Phnom Penh riversarsi in massa per le strade, tuttavia, bisogna andare al tramonto sulle rive del Tonle Sap, poco prima che le acque del grande lago, qui trasformato in fiume, si incontrino con il Mekong.
Verso il crepuscolo, i cittadini amano passeggiare su questa bella "promenade" dal sapore coloniale, e camminano avanti e indietro come fossero sul lungomare di un centro sulla costa francese. Qualcuno si gode lo spettacolo del sole che si eclissa nelle torbide acque del fiume, altri condividono un rituale affascinante e diffuso in gran parte dell'Asia, pur con significative varianti. I partecipanti si avvicinano all'acqua, a gruppi, recitando delle preghiere. Uno tiene in mano una grande foglia con dei fiori e un lumino, fino a quando la deposita nel fiume. Alcuni ragazzi accompagnano, poi, al largo l'offerta galleggiante, nuotando tra le onde leggere. E' un rito ancestrale che coinvolge acqua e fuoco, una cerimonia simile alla Ganga Aarti, celebrata ogni sera dagli indiani sulle rive di un altro dei fiumi più importanti del mondo " Il Gange". Altra perla di questa città che a noi ci ha colpito il Buddha



22/01/2016
Sihanakiville
Dopo 5 ore circa di minibus arriviamo a Sihanakiville  conosciuta come Kampong Som o Kampong Saom, è una città portuale nella Cambogia meridionale, affacciata sul golfo del Siam. La città fu fondata nel 1964 per diventare presto il più importante porto marittimo della Cambogia.
Oggi sembra una città cantiere dove Cinesi, Giapponesi, Europei stanno mettendo mani su questo angolo che per certi versi era rimasto intatto. Siamo rimasti sorpresi nel notare come ancora resista nella sua integrità  un pezzo di costa (Ortres Beach) a sud di Sihanakiville fatti da uno splendido mare e da una meravigliosa spiaggia di sabbia bianca. Ci siamo chiesti quanto ancora resisterà alla speculazione. Forse un anno o massimo due.
Belle spiagge, boungalows a pochi metri dal mare, cibo buono ed economico. Con pochi dollari chiunque può concedersi una vacanza da sogno. Non bisogna però dimenticare che la Cambogia ha avuto un passato difficile e tantissime famiglie ne subiscono ancora oggi le conseguenze, per questo sulle belle spiagge (solo alcune) di Sihanoukville moltissimi bambini, per necessità economiche, cercano di guadagnare qualche dollaro raccogliendo lattine o cercando di vendere qualcosa ai turisti. La maggior parte di questi bambini non hanno famiglia e vivono in condizioni disumane, sono gli streets children. Purtroppo sono pochi i turisti che passano da Sihanoukville solo per rilassarsi al sole, tanti  sono "orchi cattivi". Il turismo sessuale qui è un grosso problema. Tantissimi bambini vengono avvicinati con il pretesto di offrire loro ciò di cui hanno più bisogno: un pasto e qualche attenzione, attenzioni malate che il più delle volte si trasformano in vere e propri abusi sessuali. Ritorniamo al diario, anche se nel prossimo post cercheremo di approfondire di più la storia della Cambogia con i suoi bambini. Decidiamo di soggiornare a Ortres Beach in due differenti complessi di bungalow. 









25/01/2016 - 26/01/2016
Isola di Kao Rong

Il nostro viaggio in Cambogia continua, dopo esserci permessi una guedthause con piscina ritorniamo alla normalità anzi decidiamo di sperimentare per un paio di giorni la vita selvaggia. Partiamo per l'isola di Kaoh  con una barca tipo quella dei Malavoglia al limite della naufragabilita'.

Il mare non ci è stato d'aiuto, onde altissime  hanno messo a dura prova il nostro umore e la nostra voglia di avventura. Finalmente con i nostri stomachi sottosopra approdiamo come naufraghi sull'isola. Ci consegnano le chiavi e andiamo alla ricerca della nostra dimora. Dopo un 15 m di camminata nella jungla arriviamo a destinazione.  Vogliamo provare come si vive su una casa (capanno) sugli alberi. Insomma per due notti vogliamo fare il Tarzan ( peccato mi manca il fisico😊) e la Jane della situazione. Il risultato? Semplicemente fantastico! difficile da descrivere. Peccato ....due giorni sono volati. Tarzan e Jane sono  ritornati  sulla terra ferma con il mare un po piu'  calmo per continuare il viaggio.







27/01/2016 - 28-29/01/2016
Sihanakiville

Rientro dall'isola, con la stessa imbarcazione ma con il mare più calmo. Decidiamo di trascorrere i restanti giorni di vacanza oziando e camminando lungo la bellissima spiaggia di Ortres, organizzando escursioni qualora vi si presentasse l'occasione. Il nostro soggiorno a Ortres Beach è stato magnifico. Ci siamo davvero rilassati e rigenerati godendo quotidianamente, quasi come un rito, di fantastici tramonti.


MALDIVE

UN PARADISO IN TERRA DI NOME MALDIVE FORSE MEGLIO DIRE TRA PARADISO E INFERNO Video