martedì 25 febbraio 2014

VIETNAM - Visitare i tunnel di CU CHI, un'esperienza unica

CU CHI


Voglio raccontarvi dell’esperienza vissuta  durante la visita ai  Tunnel di CU CHI. Prima di scrivere queste righe mi sono fermato a riflettere per meglio rielaborare ciò che ho visto e ciò che ho provato.
Erano anni che desideravo fare questa visita ai Tunnel,  influenzato dai tanti film girati  sulla guerra del Vietnam, per capire la strategia adottata dai Vietcong per sconfiggere prima i Francesi nella guerra di liberazione (1945 – 1954) e poi  Americani tra il 1960 e il 1975. Questi tunnel sono costituiti da  una fitta rete di gallerie sotterrane costruite su due- tre livelli di profondità, ampliati in occasione della guerra del 60-75, che consentivano ai guerriglieri di muoversi senza essere visti, di portare rifornimenti, informazioni e soprattutto di sopravvivere alla schiacciante superiorità del nemico dotato di sofisticati e moderni armamenti e che bombardavano per via aerea. Dentro questi tunnel si trovava di tutto: ospedali, depositi di armi, dormitori, cucine e tante altre cose necessarie alla sopravvivenza e al combattimento. Essi
Appena giunti da Mui Ne ad  Ho Chi Minh ci organizziamo per la visita ai tunnel. L’intenzione era quella di riuscire a visitarli liberamente senza ricorrere a nessuna agenzia per evitare i ritmi imposti dalle guide per riuscire a far muovere il gruppo in armonia e per avere il giusto silenzio, necessario per riflettere, immedesimarsi e ricreare  nella mente situazioni passate. Tuttavia, un po’ per pigrizia, un po’ per mancanza di tempo, ci rivolgiamo ad una delle tantissime agenzie che propongono questo tour.


Di buon mattino viene a prenderci davanti all’agenzia un ragazzo che sarà la nostra guida per tutta la giornata. In compagnia di altre 20 o 25  persone di varie provenienze partiamo in bus alla volta di CU CHI. Arrivati sul posto la guida fa i biglietti per tutti e attraverso un tunnel (non dei Vietcong J ) arriviamo in una sala dove ci viene proiettato un documentario del 1967 che illustra la vita dei soldati rivoluzionari e le modalità di collaborazione dei civili nella lotta armata. Finito il documentario ci spostiamo  all'imbocco di uno dei tunnel. La guida  indica un punto sul terreno dove si vedono altro che foglie e terra: nessun buco, nessun segno visibile. 

In un secondo momento muove alcune foglie col piede e scopre una piccola botola di legno rettangolare, non più lunga di 40 cm e larga 30. La apre e spiega che quella è un'entrata "standard", mantenuta con le misure originali per dare meglio l’idea ai visitatori di ciò che sono state le strategie adottate. Chiede se qualcuno se la sente di entrare chiudendo l’ingresso con il coperchio dopo essere entrato. Dentro non si vede altro che una biforcazione e poi il buio, in entrambe le direzioni: sembra la tana di una talpa. "Il volontario deve essere magro," spiega, "a misura di vietnamita." Poi fa una  battuta: io riuscivo a capire perché vicino c’era una coppia di francesi il quale traduceva alla sua ragazza e di conseguenza ascoltavo, Mary era alle prese con le foto. "I soldati americani, rimanevano bloccati quando cercavano di entrare nei tunnel perché erano grassi." Simula una pancia gonfia con le braccia. "Gli piaceva troppo fumare la marjuana, e la marjuana mette fame."


Mentre con la mente cercavo di proiettarmi a quel periodo, uno sparo in lontananza mi distrae, poi un altro e un altro ancora. "Hai sentito?" chiedo a Mary. Lei non l'ha sentito,  io mi sto sicuramente sbagliando. Deve essere una mia fantasia legata al luogo in cui mi trovo,  certo è che questo  mi preoccupa ( oppure  è colpa dei  troppi film spazzatura che Hollywood ha dedicato al tema e che io mi sono sorbito. Proseguiamo  per ammirare le micidiali e atroci trappole che i VietCong nascondevano per impedire ai loro nemici di trovare i tunnel. Vecchie gabbie per tigri, buche con una varietà di spuntoni in bambù o in ferro, insomma lascio a voi immaginare le conseguenze dei soldati vittime di queste trappole. I malcapitati rimanevano così bloccati e feriti, finché i VietCong non andavano a recuperarli per portarli nelle prigioni e trasferirli poi ad Hanoi, nel Nord. Camminiamo nel bosco e li noto un curioso cartello con su scritto  “non fumare”, meravigliato penso “cavoli! Sono davvero avanti, vietano di fumare anche nei parchi”. Su un opuscolo c’è scritto che in quel periodo il bosco non c’era perché non vi era rimasto alcun albero. Solo terra bruciata, grazie ai bombardamenti al Napalm ed agli agenti chimici a base di diossina usati dagli Americani. Oggi è un bellissimo bosco pieno di alberi da cui si ricava la gomma. Proseguiamo e ci avviciniamo ad un albero che ha un foro vicino alle radici, ecco! 


Questo è un’altra trappola anzi più precisamente una postazione per spiare o fare imboscate al nemico. Infatti sotto le radici vi è il tunnel.  Poco lontano troviamo un   carro armato americano, probabilmente danneggiato da una mina anticarro. Quì sento di nuovo gli spari. Una vera e propria mitragliata ed anche molto vicina. Poi altri spari ancor più vicini, adesso anche Mary li ha sentiti, ho un sospiro di sollievo “Non sono in guerra  nel Vietnam J”. Finalmente arriviamo alla sorgente  di quel rumore e io resto sbalordito: c'è una cava di terra rossa alla cui estremità sono sistemate diverse armi: gli AK47 vanno per la maggiore, ma c'è anche un M16 montato su un cavalletto, a bordo di una Jeep dell'esercito americano. Adesso capisco perché la guida sul bus diceva che si poteva anche sparare, ma pensavo che forse Mary  non avesse capito bene.  Quindi per una cifra dai 30.000 ai 60.000 VND è possibile sparare con una di quelle armi. Noto che sono in molti a provare anche uno di noi, un australiano, decide di farlo. Mi avvicino incuriosito alla postazione ma sono subito fermato da un soldato  che mi invita a fare il biglietto ed a prendere le cuffie.  A me non interessa, odio in genere tutte le armi poi figuriamoci quelle che hanno ucciso tantissime persone. Comunque la situazione è bizzarra: in un luogo in cui un'atroce guerra d'aggressione ha avuto luogo, turisti occidentali, provenienti da quello stesso mondo un tempo sconfitto, impugnano quelle stesse armi per gioco, sotto gli occhi annoiati dei locali che con intelligenza hanno ben saputo rielaborare la sofferenza passata per coglierne il lato positivo riuscendo oggi a ricavare profitti.  Nel frattempo l’australiano si mette in posizione con le gambe una davanti all'altra, avvicina un occhio al mirino, si concentra e Ta-ta-ta- fa fuoco, sembra soddisfatto. Il soldato vietnamita, responsabile di quell'arma, lo guarda con un'espressione insignificante ad una distanza di un metro. Si avvicina per ricaricare il fucile, senza dire una parola, poi torna al suo posto e di nuovo Ta-ta-ta . Ho la sensazione che tutto questo non gli piaccia affatto. Quanto a me, perdo volentieri l'occasione di impugnare un'arma per la prima volta, ma come dicevo non è una delle mie aspirazioni J.


Dopo aaver mangiato una bella  pannocchia di granoturco arrostita lasciamo il poligono di tiro, arriviamo all’entrata di un tunnel, la guida ci dice che chi vuole e se la sente può provare ad entrare, tutti ci cimentiamo in questa esperienza, io sono tra i primi. Mary in un primo momento è titubante,  ma forse spinta dalla sua curiosità o dalla sua audacia incoscienza si infila nel tunnel senza sapere cosa  gli avrebbe riservato questa sua curiosità. Una volta dentro al primo tunnel, si scende  in un secondo assimilabile al buco di una talpa e da dove è impossibile ritornare indietro. 


Mi precede una guida che forse per la sua velocità eccessiva improvvisamente scompare dal mio campo visivo. Io comincio a fare respiri profondi, sento che mi manca l’aria, il tunnel mi pareva infinito. Pensavo a come avrebbe fatto Mary e comincio a preoccuparmi sul serio. Procedo con ansia e anche con un po di paura,  ad un certo punto arrivo a  una biforcazione e sono indeciso se andare a destra o a sinistra, la luce che penetra da una parte mi fa capire che di la c’è l’uscita, cosi finalmente rivedo il cielo .


Nel frattempo sento la voce di Mary che urla quasi disperata chiamandomi, mi avvicino  di nuovo al tunnel e la guido con la voce . Finalmente esce  con un viso quasi cadaverico. Penso che questa esperienza le abbia fatta capire che occorre anche saper rinunciare a certe esperienze che spesso si rivelano traumatiche. Quando siamo di nuovo tutti fuori, stravolti ma  contenti di essere ancora vivi, dopo averci contati, la guida sorridente  dice: "Se volete continuare a camminare da quella parte potete sbucare fino in Cambogia! E pensate" continua " che una parte dei tunnel si trovava proprio sotto una delle basi americane. Loro cercavano Charlie, e lo l'avevano sotto al sedere!"
Continuava a raccontarci che le scarpe erano costruite con la gomma dei copertoni dei blindati catturati agli Americani e che spesso i Vietcong usavano astuzie, all’apparenza banali, per ingannarli, come per esempio indossare calzature la cui suola è attaccata alla tomaia al contrario, in modo da far pensare di andare nella direzione opposta a quella invece effettiva.
Per concludere, è incredibile, inimmaginabile, pensare a come questo popolo sia riuscito con pochi mezzi  ma con l'astuzia a tener testa ed a sconfiggere gli americani. L'ingresso nei tunnel non è consigliato a chi soffre di claustrofobia ed anche chi non ne soffre, come me...... ma è un'esperienza che sono felice di aver fatto.

CIAO VIETNAM.

lunedì 24 febbraio 2014

VIETNAM - Ho Chi Minh e il Delta del Mekong

Ho Chi Minh

La città più grande del Vietnam è Ho Chi Minh City, la vecchia Saigon, nel sud del Paese, dove ufficialmente risiedono quattro milioni di abitanti, I nuovi edifici, i lussuosi alberghi e gli sfavillanti negozi sono il simbolo della prosperità della città, mentre il caos provocato dalla frenesia del traffico e l'inquinamento sono la prova tangibile della tenace volontà dei vietnamiti di migliorare la propria sorte. Saigon è per certi versi soffocante, vi regna la confusione ed è quasi impossibile raggiungere a piedi qualsiasi meta turistica. La casa più incredibile a Saigon cosi come anche ad Hanoi stà nell’attraversare la strada, questo è davvero una grande avventura. Ma dopo un po, una volta  capito come fare si riesce ad attraversare senza essere travolti. Avvicinarsi al bordo della strada da attraversare, aspettare il momento buono e camminare a passo spedito e sicuro, guardare avanti senza fermarsi e senza preoccuparsi  di evitare le motorette,  andare avanti deciso. Sono le moto che ti evitano e no tu! Vi assicuro che diventa anche quasi divertente.

Un'interessante esperienza per chi visita Saigon è girare per il mercato coperto di Ben Tran. Entrandoci si è subito immersi nella soffocante atmosfera delle innumerevoli bancarelle dove si vende di tutto: scarpe, vestiti, cappellini cornici, borse, utensili per la casa. Al centro della struttura è situata la zona gastronomica dove, tra verdure e frutti tropicali, si trovano anche banchetti che preparano sul momento leccornie locali di ogni tipo. È un grande caos e bisogna stare attenti a non perdersi tra gli sfavillanti colori delle stoffe accumulate in torri che arrivano fino al soffitto. E’ davvero interessante  andarci  per vivere l'atmosfera frenetica del contrattare vietnamita e, magari, acquistare qualche regalino da portare in Italia. Noi l’abbiamo fatto. 

         - Pagoda di Quan Am -

Una è quella di Quan Am, sorta in onore della dea della misericordia, che presenta un tetto istoriato con scene fantastiche ispirate a drammi e leggende cinesi, porte decorate con antichi pannelli di legno dorati e pitture murali in rilievo. 
- Pagoda di Thien Hau -

L’altra è la pagoda Thien Hau, dedicata alla dea protettrice dei naviganti. La Cattedrale di Notre Dame, risalente al 1877, è invece in stile romanico, insieme al vicino Ufficio postale, entrambi retaggio del periodo coloniale.
Degni di nota sono anche i musei dedicati alla Rivoluzione Comunista ed alla Guerra del Vietnam, oltre che ai famosi tunnel di  , che dista da Saigon circa 60 chilometri e che ne parlerò a parte. 

Delta del Mekong




ll delta del Mekong è uno dei luoghi più affascinanti del pianeta. Il fiume è immenso, tanto da sembrare un mare marrone nei punti in cui si allarga e si appropria del paesaggio, ma gli scorci più interessanti sono i piccoli rivoli e le paludi che gli stanno intorno, come anche i mercati galleggianti e i villaggi su terra ferma che garantiscono un'esperienza unica e indimenticabile.



Sul Delta, dove si venerano Buddha, Victor Hugo e Shakespeare.
Il Mekong, dopo gli scempi della guerra, oggi è una zona turistica di una repubblica socialista che ha riscoperto il business e la religione. Anzi, le religioni: come quella del cocco, che mescola cristianesimo e buddismo. O come il Cao Dai che, tra gli dei, colloca alcuni personaggi della storia

Il Delta è un rompicapo religioso. È come se il fiume dei Nove Draghi riversasse qui i mille culti che incontra sul suo cammino. Ogni invasore ha provato a imporre la sua confessione, ma i vietnamiti hanno mischiato divinità e santi, sacro e profano. Il risultato? Il caodaismo, che venera Gesù e Buddha, Confucio e Maometto, ma anche Giovanna d’Arco e Victor Hugo. 
E poi la religione del cocco e il suo pazzo fondatore: il Coconut Monk.” Qui sul delta gli abitanti  sembrano hanno  elaborato una sorta di culto fai-da-te: “Non c’è guerra di religione sul delta solo un po’ di confusione”. 

Il Mekong è il fiume più lungo dell’Indocina: un tortuoso serpente , che striscia per 4.900 chilometri. I vietnamiti lo chiamano Song Cuu Long (Fiume dei Nove Draghi). Il suo delta è una vasta pianura lussureggiante, densamente popolata (venti milioni di vietnamiti) e coltivata in modo intensivo: canna da zucchero, cocco, riso.


«Il Mekong è nostro padre» raccontano quelli del Delta, «alleva i nostri figli, li lava, gli dà da mangiare e da bere. Ma a volte si arrabbia e allora bisogna averne paura».
Come non ricordare  il tifone Durian, che nel 2006 ha colpito la provincia di Ben Tre, con un centinaio di morti, duecentomila sfollati, ottocento pescherecci affondati:
Quando non è la natura a colpire, ci pensano gli uomini. O più precisamente gli americani. In dieci anni di bombardamenti, dal 1965 al ‘75, gli Stati Uniti hanno lanciato sul delta 72 milioni di litri di Agent Orange: un veleno defoliante che doveva colpire i vietcong, ma ha invece devastato i campi e la popolazione civile
.

La Repubblica socialista del Vietnam ha vissuto, infatti, negli ultimi anni un boom economico e subito ha  cominciato a preoccuparsi anche di uno sviluppo eco-compatibile. Se quindici anni fa il reddito medio pro capite era di 220 dollari l'anno, l'inflazione al 40 per cento e c'era un telefono ogni 531 abitanti, oggi il reddito è salito a tremila dollari, l'inflazione è scesa sotto il 4 per cento, l'economia cresce a un ritmo del 7 per cento l’anno e nelle grandi città anche i conducenti di risciò hanno il cellulare. 

Uno sviluppo dei consumi, quello in corso in Vietnam, che il Mekong deve sostenere con le sue coltivazioni sempre più intensive
. Solo visitando  i mille villaggi del delta si scopre l'eclettica religione dei suoi abitanti: templi buddisti, pagode, moschee, chiese. Qui non c’è scontro di religione. Ogni confessione si contamina con le altre: buddismo, confucianesimo, taoismo, cristianesimo, culto degli antenati, induismo, islam. Basta visitare la cittadina di Chau Doc per farsene un'idea. Qui, si incontra la comunità musulmana cham: nella piccola moschea di Mubarak, i bimbi studiano il Corano e l'arabo.
Ma i musulmani cham seguono una libera interpretazione della legge islamica e i loro rituali coesistono con l'animismo e il culto indù. E cosi, quando compiono 15 anni, i ragazzi sono sottoposti a una circoncisione ma  solo simbolica: il celebrante prende un coltello di legno e si limita a simulare il gesto del taglio.

Ma il vero emblema della fusione tra religioni è senz'altro il caodaismo, con i suoi sette milioni di fedeli. 

Fondata nel 1926 nel Sud del Vietnam, questa setta ha una struttura gerarchica simile a quella della Chiesa cattolica: pontefice, cardinali, vescovi e preti. Con una differenza, però: qui anche alle donne è consentito raggiungere la carica di cardinale. Il caodaismo è una religione sincretica, commistione di culti orientali e occidentali. Crede in un unico dio (rappresentato come un occhio divino), che avrebbe fondato tutte le religioni più diffuse nel mondo. Venera santi, o spiriti guida, i più diversi: Krishna, Mosé, Confucio, Gesù, Buddha, Maometto, per arrivare fino a Giovanna d'Arco, Victor Hugo e William Shakespeare. I caodaisti aspirano, infatti, a creare la religione perfetta e per questo non si preoccupano di mischiare sacro e profano. Dicono «Non vogliamo creare un mondo grigio, dove tutte le religioni sono esattamente uguali, ma solo un mondo più tollerante, perché siamo convinti che le religioni hanno la stessa origine divina, sia Dio, Allah o il Tao, e sono solo diverse manifestazioni di un'unica verità».
Altra religione è quella del cocco o  Tình Do Cu Si  conosciuto anche come “Monaco del cocco” Una combinazione tra buddismo e cattolicesimo.
L'origine del nome Coconut Monkè che  Nguyen Thanh Nam (nome del monaco) mangiò per tre anni solo noci di cocco e bevve solo il succo del frutto». O almeno così racconta la leggenda. Di certo si sa che Nguyen Thanh Nam è nato nel 1909 sul delta, a Ben Tre. 

Figlio della piccola borghesia locale, ha studiato chimica e fisica in Francia: a Lione, Caen e Rouen, dal 1928 al 1935. Poi, tornato a casa, si è sposato e ha avuto una figlia. Nel '45 però ha deciso di lasciare lavoro e famiglia, per ritirarsi a vita monastica. Per tre lunghi anni sarebbe rimasto a meditare giorno e notte su un lastrone di pietra. 




- Coconut Monk con la foto 
dello zio che fondò la religione -

Poi ha deciso di fondare una nuova religione, la  Tinh Do Cu Si.
A metà degli anni Settanta, i suoi seguaci erano oltre 3.500 e mille i suoi monaci. Predicava per un riunificazione pacifica dei due Vietnam. Per questo, nel 1969, era partito per Hanoi in bicicletta, ma dopo 300 chilometri di faticose pedalate era stato costretto a tornare indietro da una tribù di montagnards (cosi i francesi chiamavano le minoranze, che vivevano sulle montagne nel Nord). Tornato nella sua pagoda galleggiante sul fiume, aveva fatto costruire due alte torri: una rappresentava Saigon, l'altra Hanoi. E cosi ogni giorno poteva percorrere simbolicamente a piedi il suo viaggio tra le due capitali, pregando Per l’unificazione del paese Incarcerato per le sue eversive teorie pacifiste il «monaco del cocco» morì nel 1990. La sua religione è oggi scomparsa dall'isola, ma gli abitanti del Mekong lo ricordano ancora con rispetto. «Non era né un'impostore né un santo» si racconta «ma solo un vecchio saggio, stanco delle guerre che amava la PACE

Bèn Tre 
Il Delta del Mekong è una zona situata a sud del Vietnam. Il delta si è formato con i detriti depositati dal fiume Mekong nel corso dei secoli. Si tratta di uno dei fiumi più grandi del mondo, è talmente grande che registra due maree al giorno. In Vietnam è conosciuto come Song Cuu Long o Nine Dragons, perché la sua foce che scorre nel mare della Cina meridionale è divisa in 9 estuari. 












Questa zona, conosciuta come "paniere di riso" del paese, sta producendo abbastanza riso per sfamare tutta la nazione e per esportarne. Anche se è una zona prevalentemente rurale è una delle regioni del Vietnam con la più alta densità di popolazione e quasi la totalità della sua superficie è coltivata. Le popolazioni del Vietnam meridionale sono stanziate sulle rive del Mekong, la gente si muove da un sito all'altro in barche sul fiume attraverso la sua rete di canali, i mercanti scambiano le loro merci da una nave all'altra, intere famiglie vivono in chiatte, l'acqua di tutta la casa viene dal fiume e torna al fiume ... Il Mekong è uno stile di vita per i suoi abitanti. Uno dei volti più profondi e rurali del Vietnam. 

PROSSIMAMENTE ANDREMO  CU CHI 




































sabato 15 febbraio 2014

VIETNAM -Eccoci a Mui Ne




Le sorgenti delle fate 



27/01/2014

MUI NE


Di buon mattino il pulmino dell’hotel  ci conduce alla fermata del bus che ci porterà in circa 6 ore a Mui Ne. In perfetto orario il bus si ferma davanti a noi, Sorpresa! Appena cerchiamo di salire il conducente ci consegna una busta e ci invita a toglierci le scarpe, sì! Nel bus  si cammina a piedi nudi. Non ci sono i classici sedili ma tre letti per fila e altrettanto al piano di sopra. Ancora sorpresa, questi bus sono datati di WiFi e anche abbastanza veloce. Devo precisare che in Vietnam WiFi è ovunque. Noi in Italia ancora siamo lontani anni luce. I nostri posti sono al piano superiore uno accanto all’altro ci sistemiamo e via in direzione Mui Ne.  Dopo circa sei ore ecco apparire il mare  e lunghe spiagge d’orate. 


Il paesaggio è cambiato è quasi desertico. Chiediamo al conducente del bus di lasciarci vicino all’hotel Nhat Quang Guest-House  ( prenotato via internet) e solo qualche minuto dopo il bus si ferma e l’autista ci indica il nostro hotel. 










La ragazza della reception e li ad aspettarci e già ancora lontani ci saluta con un gran sorriso. Ci consegna la chiava del nostro Bungalow e ci saluta dandoci il benvenuto  sempre con gran sorriso. Questo posto ci piace subito, sistemate i bagagli corriamo a vedere il mare e la sua  lunghissima spiaggia di sabbia bianca ornata di palme. Il nostro programma prevedeva una permanenza di 2 giorni ma causa la festa del Tet (capodanno Vietnamita e Cinese)  decidiamo di rimanere altri due giorni. 

Piccolo problema il nostro bungalow è già stato prenotato e di liberi  non ce ne sono. La ragazza s’impegna a trovarci per una notte una sistemazione in un hotel li vicino per poi ritornare di nuovo al nostro Bungalw. 


Durante i giorni di permanenza ci organizziamo per scoprire i dintorni di Mui Ne, come le dune di sabbia rosa e bianca e la Sorgente delle Fate questa praticamente è un torrentello dove si può camminare a piedi nudi. Questo scorre attraverso un tratto di dune creando interessanti  formazioni sabbiosi e rocciose. Eravamo  da qualche giorno, a Mui Ne perche questo posto ci piaceva davvero. Il nostro  bungalow con il suo terrazzino,  immerso in un bellissimo giardino tropicale con tantissime piante e il mare di fronte,  ci dava serenità! 




Ma il viaggio deve continuare  e i giorni non sono molti per godere e conoscere più affondo questo posto per certi versi meraviglioso. Ormai la massa di turisti incomincia a scoprirlo e a riversarsi su questa parte di Vietnam. 
Sicuramente fra un anno non sarà più lo stesso! Forse noi abbiamo avuto il privilegio di conoscerlo ancora come un piccolo villaggio di pescatori e forse anche le strane barche a forma di guscio di noci spariranno o rimarranno fermi sulla spiaggia a farsi fotografare  da migliaia di turisti (I Russi son già in tanti) e niente più sarà come prima.

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RIFLESSIONI


…Mi piaceva rimanere seduto sulla spiaggia dalla sabbia bianca e pieno di conchiglie e piccole stelle marine. Aspettavo  il tramonto con lo sguardo che si perdeva nella moltitudine di colori che stava scendendo dal cielo, lentamente a giocare con le onde  la sua magia, formata da raggi di luce incrociati, che ballavano tra loro fino a perdersi nelle acque del mare. Un oceano a dire il vero, anche se si lascia chiamare Mare della Cina. Un cane randagio si era accucciato vicino a me, ma qui non dicono che li mangiano? Forse si! qualcuno sicuramente si!  ma forse quello  non era un randagio e aveva  sicuramente un padrone. Era  docile, mi guardava con i suoi occhi dolci, era come se voleva condividere con me il tramonto. 

Mary era  rimasta  in bungalow e non ha fatto in tempo a godere di questo spettacolo e di questa scena. Dicono che tutti i tramonti son uguali, io dico nò! Ogni volta che il sole scende e ci saluta ci lascia sempre un’emozione diversa, perché i pensieri, le sensazioni del momento  cambiano. Faceva ancora caldo anche se puntualmente la brezza marina iniziava a soffiare leggera.  Il sole finito il suo spettacolo lasciava il posto a una luce meravigliosa che rendeva le cose magiche. Osservavo i pescatori vicino alle loro strane barche rotonde che  sembravano ceste o semplicemente dei gusci di noci.  

La luce contribuiva e  rendeva queste scene quasi surreali, magiche.  Allora alzavo gli occhi e imprigionavo lo spettacolo nella mia anima, nel cassetto aperto di quelli che saranno i miei futuri ricordi. Si era  nel capodanno Cinese, 2014 anni di storia ma per un attimo ero andato con lo spirito e l’anima ben oltre, immergendomi nell’immensità del creato.




 Prossimamente In Bus a Ho Chi Minh.


MALDIVE

UN PARADISO IN TERRA DI NOME MALDIVE FORSE MEGLIO DIRE TRA PARADISO E INFERNO Video