sabato 29 giugno 2013

MACHU PICCHU -Machu Picchu Enigma di pietra in America, Cosi descrisse questa meraviglia Ernesto Guevara



MACHU PICCHU

Machu Picchu Enigma di pietra in America, Cosi descrisse questa meraviglia  Ernesto Guevara

Coronando un'altura di agresti e ripide fiancate, a duemila ottocento metri sul livello del mare e a quattrocento sull'Urubamba ricco di acque, si trova una antichissima città di pietra che, per estensione, ha ricevuto il nome dal luogo che la accoglie: Machu Picchu. E' questo il suo nome originario? No… il termine quechua significa "Collina Vecchia", in opposizione alla vetta rocciosa che s'innalza a pochi metri dal villaggio, Huaina Picchu, "Collina Giovane". Descrizioni fisiche riferite semplicemente al carattere degli accidenti geografici. Quale sarà allora il suo vero nome?....

Machu Picchu

Il Machu Picchu era sulla lista dei miei desideri già da quando, alle scuole medie, un professore ci parlò di questa misteriosa città. Da allora l’ho sempre sognato e non ho mai smesso di cercare informazioni su libri e riviste perché ero convinto che un giorno ci sarei andato. Cosi  avvenne,  il mio sogno si tramutò in realtà.
Cos’era Machu Picchu?  un rifugio misterioso contro la violenza e avidità dei conquistadores? Una città sacra tutta dedicata alla protezione delle famiglie più nobili e al culto delle divinità Inca? Una fortezza dove nascondere i prigionieri?
A distanza di un secolo dalla scoperta di Machu Picchu, il mistero sulla città del “popolo del sole”, di cui non parlavano nemmeno le mappe e le cronache dell’epoca, si mantiene e conserva tutto il suo fascino intrigante.
Machu Picchu è molto più che un’area archeologica di enorme importanza per la cultura mondiale; si tratta di un’intera città perfettamente conservata per secoli dal folto della foresta andina, una sfida dell’uomo alla natura. Le sue costruzioni fortificate si arrampicano pericolosamente lungo gli speroni delle rocce a strapiombo sul canyon del fiume Urubamba.
Ovviamente non è la roccia la caratteristica principale della città. Vi è dietro la storia del popolo Inca che sulle rocce ha edificato gli altari più importanti. Ogni angolo, ogni pietra di Machu Picchu parla del significato profondamente religioso di questo luogo.




Quando Hiram Bingham, professore dell’università di Yale e grande appassionato di archeologia, nel luglio del 1911, si trovò di fronte al tesoro di Machu Picchu notò che esso poteva essere diviso in due settori, uno agricolo e uno urbano: Il primo dedicato alla coltivazione del mais e delle patate, il secondo dedicato prevalentemente ai culti religiosi tra cui quelli 


funebri; caratteristica, a tal proposito, la Roccia funeraria, isolata e altissima, con un piano del grande altare illuminato dai raggi solari provenienti dall’Intipunku (Porta del sole) nel giorno del solstizio d’inverno. Altre strutture indicative della prevalente dedizione al culto religioso di Machu Picchu si ritrovano:
-       nelle sedici Sorgenti Liturgiche (si tratta di sorgenti d’acqua che erano elementi sacri nella religione precolombiana),
-       nel meraviglioso Tempio del Sole (in cui potevano entrare soltanto i sacerdoti e l’Inca: il “figlio del sole” ossia l’imperatore),
-       nella Piazza Sacra con tutte le sue costruzioni religiose compreso il Tempio Principale dove la popolazione comune poteva partecipare alle cerimonie.

Importante costruzione di questa parte di Machu Picchu è anche la Kallanka, detta “Recinto dei Dieci Vani”, che, viste le dimensioni, doveva servire da alloggio e rifugio per diverse persone.
Il settore urbano è comunque quello in cui vi sono più luoghi da visitare. La divisione degli spazi conferma l’ipotesi che la città fosse un luogo esclusivo, riservato alla nobiltà e alla casta sacerdotale: lunghe gradinate (sono stati contati 3000 scalini) separano gli edifici difesi dalla roccia a strapiombo o da un fossato.

La grandezza di Machu Picchu sta anche nella profonda compenetrazione tra uomo e natura che questi gloriosi resti ci tramandano. Qui si può ammirare l’Intiwatana forse quel “saywa” o “sukhanka” che  letteralmente significa "luogo dove si attacca il sole", ma la denominazione corretta sarebbe "saywa" o "sukhanka", di cui parlano gli antichi manoscritti Inca, il maestoso orologio solare usato non solo come strumento di culto ma anche come apparecchio scientifico per l’osservazione solare: un sistema di piattaforme, sovrapposte e sistemate secondo angoli orientati in maniera ben precisa, che culmina con un prisma alto 36 centimetri che proietta la luce sul pilastro. Osservando la lunghezza delle ombre si potevano ricavare informazioni sulla rotazione e l’inclinazione terrestre. Incredibile, se si pensa che tutto questo risale a secoli fa, nel cuore della foresta andina senza nessun confronto o scambio culturale con altre popolazioni. Probabilmente da questo punto di vista gli Inca erano già molto più avanzati di quegli spagnoli che di lì a pochi decenni avrebbero messo fine per sempre alla loro storia.




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