sabato 15 giugno 2013

I MIEI VIAGGI IN MEXICO



I MIEI VIAGGI IN MEXICO


 



- 1^ Volta 1990 -
Mexico City - D.F - Puebla - Guerrero - Aoxaca - Chiapas - Campece - Yucatan 




- 2^ Volta 2000 -
Mexico Citi D.F - Sinaloa - Chihuahua - Baya California Sur
























3^ volta 2019 - 
Yucatan - Campeche - Quintana Roo

Ho visitato tre volte questo meraviglioso paese: la prima volta nel 1990 quando, avendo a disposizione 35 giorni, mi sono addentrato nella parte sud da Città del Messico all’Ycatan, la seconda nel 2000 quando in 40 giorni mi sono mosso alla scoperta del  nord: dalla capitale Mexico City sono passato a Durango, poi a Chihuahua e da qui con il ferrocarril  a Crel,  a Divisadero  fino a Los Mocis.  La terza volta, dopo anni siamo ritornati nel sud per 20 giorni circa per rivedere e scoprire nuovi luoghi come lo stato del Quintana Roo.  Nel 2000 durante il nostro secondo   viaggio  abbiamo avuto  modo di 


Barranca Del Cobre

conoscere la meravigliosa Barranca Del Cobre, di ammirare rari intrecci di gole aggettanti nelle viscere della terra fra pini e abeti, grotte e rocce. Ho visto cieli di color cobalto, aspre cime rocciose, conifere secolari, laghi incantati, un dedalo di canyon avvolto da vegetazione tropicale esteso per 2000 kmq e formato da oltre 200 valli che danno vita a un sistema orografico costituito da cinque barrancas comunicanti tra loro molto profondi e con una estensione di quattro volte quella del Gran Canyon dell’Arizona, abitate dagli indios 



Tarahumara, popolo timido e silenzioso le cui donne sono dediti alla  costruzione e vendita di bamboline di pezza e fili multicolori di lana e minuscole sedie nella stazioncina azzurra  e bianca di Divisadero.



Da qui si possono scoprire luoghi incantevoli come grotte adibite ad abitazione dove vivono gli indios dai piedi leggeri, cascate e canyon più nascosti
Da Divisadero ha inizio la grande e pazza  discesa verso il mare, una discesa da ottovolante tra foreste cascate e piccole stazioni  prese d’assalto dai venditori ambulanti che offrono pannocchie di mais cotte al vapore e il dolcissimo quesa de tuna biscotto a base  di noci, pinoli, mandorle e arachidi.


La vegetazione cambia man mano che si scende di quota: dalle aghifoglie si passa agli enormi cactus a candelabro, agli ibischi, alle coloratissime bungavillee, alle palme, ai banani.


L’aria si fa sempre più calda e umida fino ad arrivare alla città di Los Mochis, il Luogo delle Tartarughe. A 20 km si apre la baia di Topolobamb, la terza insenatura più grande del mondo, da qui partono i traghetti per la Baya  California Sur.

Il Mexico! Un paese unico, terra di profumi, di sapori, di colori e di ricchezze minerarie strappate alla popolazione da secoli di colonizzazione e sfruttamento che però non sono riuscite a togliere al popolo messicano una identità forte, sicura, orgogliosa e mai sottomessa al grande vicino: gli Stati Uniti d’America, miraggio purtroppo spesso mortale di tante persone in fuga dal proprio destino di campesinos con salario minimo di pochi pesos al giorno.
Il Messico è un paese che mi ha sempre affascinato per i suoi colori, la sua storia, la sua cultura, la sua gente, per essere senza tempo, una terra di violenti contrasti, di storia millenaria dagli Olmechi e Zapoteca agli antichi Aztechi e Maya fino ai moderni yuppies che si aggirano a Città del Messico.
Gli Olmechi possono essere considerati i padri di ogni cultura messicana esercitando una forte influenza sulle civiltà posteriori. A loro si deve l’introduzione della scrittura geroglifica, del calendario rituale, la costruzione dei primi centri cerimoniali come ad esempio il sito archeologico di La Venta nella moderna città di Veracruz.

MONTE ALBAN

Il Messico è pieno di testimonianze eccezionali: la città antica di Monte Alban è sicuramente il simbolo di quello che fu il centro più importante della civiltà post-olmeca. 



Capitale della civiltà zapoteca, nella odierna città di Oaxaca, costruita sulla sommità di una montagna che venne livellata per 610 metri di lunghezza e per 245 di larghezza: fu un impresa monumentale a testimonianza di quello che fu la grandezza della civiltà zapoteca.


La civiltà che però ha sempre affascinato il mondo intero è sicuramente quella MAYA. Si sviluppò in un periodo che va dal 250 d.C. al 900 d.C. (detto classico) sugli altopiani del Chiapas, del Guatemala e nelle pianure dello Yucatan. I Maya furono senza dubbio artisti ed architetti tra i più grandi del continente americano e ne sono testimonianza le grandi piramidi-tempio immerse nella giungla giunte fino a nostri tempi. Un’aura di mistero avvolge le rovine maestose di questo popolo, ma purtroppo poco si è salvato dei loro codici, alimentando così teorie extraterresti o catastrofiche come la tanto annunciata fine del mondo nel 2012… anche se siamo ancora qua.

La scomparsa dei Maya è uno dei misteri più antichi e probabilmente affascinanti del mondo. Cosa provocò la scomparsa  del misterioso popolo? A tal proposito sono state fatte congetture ed ipotesi e si sono sviluppate tesi più o meno scientifiche. La materia è particolarmente dibattuta, ma per la prima volta, un team internazionale di ricercatori, ha saputo ricostruire una nuova verità, confrontando  dati sull’ambiente e sulle condizioni climatiche, con quelli sulla situazione sociale e politica dei Maya. I risultati  sono stati pubblicati sulla  rivista Science
Come mai i Maya che erano: abili agricoltori, statisti,  guerrieri, che hanno creato calendari, realizzato magnifiche opere d’arte e d’architettura, nel giro di circa 80 anni sono  caduti completamente a pezzi?
Dopo vari studi fatti sull’ambiente sui monumenti e su tutto ciò che potesse aiutare a risolvere questo enigma, la risposta forse ci viene dallo studio di una stalagmite, in una grotta in Belize a meno di 1 km dal sito Maya di Uxbenka e circa a 18 miglia da tre altri centri importanti, ha invece permesso al team di ricerca di ottenere informazioni della massima importanza.

Palenque è un sito archeologico maya situato nello stato messicano del Chiapas,

Attraverso gli isotopi di ossigeno, gli scienziati hanno potuto stabilire i livelli di pioggia  nel corso degli ultimi 2.000 anni:  durante il primo periodo della civiltà classica Maya, nella regione si sarebbero verificate precipitazioni decisamente abbondanti, fattore che avrebbe contribuito all’espansione della civiltà.      I periodi di elevata piovosità hanno coinciso con un aumento della popolazione e dei centri politici tra il 300 e il 660 dC. Un’inversione di tendenza del clima (più secco) generò, nel complesso, una maggiore instabilità socio-politica e il periodo di siccità forte e prolungata registrato tra il 1020 e il 1100 dC, si tradusse in cattivi raccolti, morte, carestie, migrazioni e, in ultima analisi, nel tramonto della popolazione Maya.


A lungo si è ipotizzato che gli eventi atmosferici avessero giocato un ruolo fondamentale in seno alla società Maya, causando notevoli fermenti politici ed esponendo la popolazione a carestie e malattie. Per questo i Maya cercarono di spingersi sempre più a sud alla ricerca di un  clima più favorevole ma pare che non siano riusciti ad andare oltre il Salvador.  Ora sembra certo che il clima abbia giocato un ruolo da protagonista nell’arco di tutta la storia dei Maya, dagli albori al declino.
Vi sono prove concrete e tangibili di tale correlazione. 
Il destino dei Maya, deve farci riflettere  ed essere un monito su quanto anche le nostre strutture politiche e economiche possano essere fragili e su quanto il destino delle civiltà possa essere connesso ad eventi climatici non dipendenti dalla nostra volontà. Questa la tesi postulata da studiosi quali:  Douglas Kennett della Pennsylvania State University e Sebastian Breitenbach di Eidgenössische Technische Hochschule in Svizzera.
Ovviamente per chi come me non condivide questa tesi la scomparsa del popolo Maya appare ancora misterioso  ed affascinante.
Nei prossimi post scriverò di più delle bellezze naturali di questo  fantastico paese con un salto nella meravigliosa Baya California visitata nel mio secondo viaggio in questo paese.  





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