mercoledì 24 luglio 2013

- SAN LORENZO BELLIZZI - TIMPE E GOLE DEL RAGANELLO

- SAN LORENZO BELLIZZI  -
TIMPE E GOLE DEL RAGANELLO

 le TIMPE e le GOLE della VALLE del RAGANELLO.  sono situate nella parte Sud-Orientale del Parco Nazionale del Pollino, interamente in Calabria ai confini con la Basilicata e costituiscono un gioiello di enorme importanza per i molteplici, sorprendenti aspetti geologici, morfologici, faunistici e per la meravigliosa flora.



La Valle del Raganello è delimitata da quattro comuni dell'Alto Ionio Cosentino:  San Lorenzo Bellizzi, Cerchiara di Calabria, Francavilla Marittima, Civita. Essa offre uno straordinario scenario fatto di pareti rocciose alte centinaia di metri, gole profondissime e meravigliose, boschi di faggio (nella località Fagosa) e di querce (Bosco di Santa Venere), sorgenti fiabesche e tanto altro.


Gli aspetti geologici e morfologici sono facilmente comprensibili solo se considerati nel complesso del Massiccio del Pollino che costituisce il segmento più meridionale della catena appenninica e rappresenta uno dei fattori chiave per la comprensione dei rapporti strutturali tra l'Arco calabro-peloritano e l'appennino meridionale.
Le rocce che formano il territorio sono di natura calcarea-dolomitica di origine sedimentaria che, 200 milioni di anni fa, nel Triassico, costituivano il fondo della Tetide, il mare che divideva i due grandi continenti primordiali che sarebbero successivamente divenuti la placca africana e la placca europea. Circa 100 milioni di anni fa, alla fine del Cretaceo, il loro avvicinamento provoco' un corrugamento del territorio e la lentissima formazione dei rilievi tra cui le cosiddette Timpe.



Più tardi, 5 milioni di anni fa, movimenti contrapposti di distensione determinarono le fratture delle rocce emerse, chiamate propriamente faglie, di cui un esempio e' ben visibile nella parete meridionale di Timpa Falconara.

Nel complesso, comunque, tutto il  Massiccio del Pollino poggia su successioni carbonatiche che formano una piattaforma di cui si è discussa l’origine alloctona (esterna) o autoctona (territoriale) concludendo per un'origine oceanica alloctona risalente al Giurassico Superiore-Paleogene.
Tra le Timpe del Complesso Montuoso quella di S. Lorenzo rappresenta un rilievo a cuesta con una scaglia tettonica di calcari emergente da rocce più tenere. La conservazione del versante di faccia, che non presenta incisioni lineari, è resa possibile oltre che dalla resistenza della bancata rocciosa anche dalla penetrazione dell’acqua in profondità lungo fessure allargate dalla dissoluzione carsica tipica di queste nostre aree.


Nello specifico, numerosi corsi d'acqua, solcando il Massiccio del Pollino, hanno favorito lo sviluppo di Gole e Forre tra cui la Valle del Torrente Raganello assai suggestiva dal punto di vista paesaggistico.

Il Torrente Raganello nel suo decorso si organizza a formare una grande “esse” con tre segmenti ben distinti.
Il primo segmento, definito "ALTA VALLE del RAGANELLO" attraversa l'arco montuoso Manfriana, Serra Dolcedorme, Serra delle Ciavole, Serra di Crispo, Monte Falconara e Timpa di San Lorenzo; a questo livello confluisce con il Torrente Maddalena e forma le GOLE del BARILE.
Il secondo segmento comprende le Gole vere e proprie definite “CANYON del RAGANELLO" e termina presso il Ponte del Diavolo sotto l'abitato di Civita.
Il terzo segmento è quello più caratteristico e molto simile a tutte le altre fiumare della Calabria e viene definito “FIUMARA RAGANELLO”. Esso inizia sotto l'abitato di Civita e termina alla foce nel Mare Jonio.


L’Alta Valle del Raganello rappresenta la porzione più interessante dal punto di vista naturalistico. Essa, infatti, mostra un paesaggio misto dove a prevalere sono piante di Faggio in parte renaturalizzate dopo i grandi disboscamenti degli inizi del secolo scorso. La peculiarita' del paesaggio e' anche favorita dal fatto che esso sta attualmente recuperando la sua wilderness originaria grazie alla scarsa presenza del genere umano offrendo cosi pace e silenzio per chi, stanco della vita frenetica di citta' e grandi paesi, ha voglia di puro relax.



Il CANYON del RAGANELLO rappresenta  uno spettacolo unico della natura, affascinante ed impressionante nello stesso tempo, esso mostra pareti a picco che si estendono in altezza per più di 600 m e che brandiscono il corso d'acqua invitandolo a percorrere l'interno delle pareti con salti, balzi, risorgenze, meandri e piccoli gorghi. Qui sono sorti capolavori 
dell’ingegneria edile: a tal proposito si ricorda:
1) il Ponte d'Ilice , creato per consentire la traversata del Canyon su terra ferma nel suo punto più stretto e più in basso così da favorire interscambi tra Civita, Alessandria del Carretto e San Paolo Albanese.

2) il Ponte del Diavolo, oggi completamente rifatto a nuovo, in seguito al crollo del 1998, creato per consentire gli scambi con l'alto Jonio cosentino e la Pian di Sibari. Una leggenda narra che da qui passò OTTONE II con i suoi soldati.
Infine la FIUMARA del RAGANELLO  ultimo segmento del torrente che si approssima alla fine del suo percorso  per sfociare nel Mar Ionio. Qui troviamo ampi alvei fluviali erosi da forti piene con trasporto di materiali ghiaiosi e spettacolari pareti ad arenaria composita ricca di colori.
 La Valle del Raganello è, però, anche ricca di tanta Fauna. Alla foce del torrente troviamo simpatici Fenicotteri, Cavalieri d’Italia e Gru. Risalendo la fiumara si incontrano Aironi.


Cenerini, Falchi pescatori e tanti altri volatili che trovano accoglienza  e cibo tra i sassi ed i pietroni di rotolamento pronti a regalarci gioia e spensieratezza trasmettendo l’idea della libertà assoluta che regna in natura. 


La magia ovviamente  prosegue man mano  che si risale perché a livello del canyon può capitare di osservare lo slancio aereo del Falco Pellegrino, la Poiana o il maestoso Grifone. Infine  in corrispondenza dell’Alta Valle del Raganello troviamo il regno assoluto dell’Aquila Reale. Sulla Falconara è consuetudine vedere librarsi in aria un biancone con un Biacco ancorato al becco destinato ai suoi piccoli che aspettano affamati il “pranzo quotidiano”.

La Flora
Dal punto di vista floristico non si può non considerare l’emblema del Parco Nazionale del Pollino: Il Pino Loricato
Se fino a non molti anni fa le descrizioni naturalistiche del massiccio del Pollino definivano il pino loricato "un vero e proprio fossile vivente, ridotto a poche migliaia di esemplari" fornendo l'impressione di trovarsi davanti ad una specie in via di estinzione, le attuali conoscenze permettono di considerarlo una specie endemica, localmente abbondante e con una attività e vitalità rigenerativa mediamente elevata. 


Il Pino Loricato può essere definito, secondo una espressione darwiniana, 'fossile vivente', risalente al Cenozoico. Esso venne individuato per la prima volta nel 1864, nell'area balcanica centro-occidentale dal botanico austriaco Franz Antoine, che lo descrisse e classificò con il nome pinus leucodermis (letteralmente: pino dalla pelle bianca), per il colore grigio-bianco della corteccia dei rami giovani. In Italia invece i primi Pini Loricati vennero individuati nel 1905 proprio sul massiccio calcareo del Pollino (sulla catena dell'Orsomarso in territorio casentino, sul Monte La Spina e nella Serra di Crispo in territorio lucano), in esito a varie esplorazioni condotte dal botanico Biagio Longo.  Le notevoli altitudini delle vette che ospitano questa conifera (dai 2.053 m della Serra di Crispo ai 2.267 m della Serra Dolcedorme,) hanno fatto si che essa si sviluppasse, in tutta la sua maestosità, sia in senso “orizzontale” che in senso “verticale” tanto da mostrare forme contorte e tormentate. Questo straordinario sviluppo individuale, però, l’ha resa, però, estremamente lenta nel processo riproduttivo e maturativo. La germinazione del seme, infatti, necessita di due anni, a fronte dei 10-15 giorni occorrenti ai semi delle altre conifere, e l'accrescimento risulta 6-7 volte più 


lento che in altre specie.  Le piante più vecchie presentano un tronco bianchissimo e resinoso, ormai privo delle scaglie sulla corteccia. La resinosità del legno porta a processi di marcescenza molto lenti dopo la morte della pianta, con l'ulteriore e suggestivo effetto di piante non più in vita ma che non crollano al suolo, restando erette per anni, trasformate in veri monumenti arborei.  Il Pino Loricato è un albero tra i più rari in Italia, nonché il più antico in assoluto. Studi effettuati nel 1989 hanno dimostrato un’ età di 963 anni per un esemplare presente nel versante calabrese del Pollino.


CONCLUSIONI
Per ogni individuo nessun posto puo' essere più bello ed accogliente di quello che gli ha dato i natali. Vi sono, tuttavia, spazi geografici oggettivamente straordinari semplicemente perche' dalle origini del mondo e' cosi che e' stato deciso. Le Timpe della Valle del Raganello sono l'esempio di un regalo concesso da sempre alla Calabria da una Eterna Volonta' Superiore pregnante il tutto dalle origini - Buona Giornata a tutti i Nostri Sostenitori .
Cerchiara di Calabria, Civita, Francavilla Marittima e San Lorenzo Bellizzi, in un'apoteosi di storia, cultura, colori, acqua, rocce, pini selvatici, boschi, montagne, cammini dirupati ardui da salire e da discendere, possono ancora regalare il sogno di un'altra dimensione a chi è ormai stanco di essere assorbito da una realtà troppo caotica e fondamentalmente "inutile"....
Oltre agli elementi naturalistici su riportati non si possono non citare frammenti di storia sociale di cui diversi resti ne testimoniano l’indelebile esistenza. A  Francavilla M.ma troviamo il Timpone della Motta: collina sulla quale e' stata portato alla luce un complesso santuariale dedicato alla Dea Atena
Il culto di Atena era incentrato soprattutto sull'offerta dell'acqua, come testimoniano le migliaia di brocchette in miniatura sempre accompagnate da coppette e coppe ritrovate lungo il perimetro dei templi e del muro di difesa. Il portare l'acqua, che manca sull'acropoli, alla Dea Atena e' legato alla leggenda di Epeio, il leggendario costruttore del Cavallo di Troia che portava l'acqua agli eroi durante la guerra di Troia e per questo veniva sempre aiutato dalla Dea Atena. Sugli altopiani che circondano il Timpone della Motta sono stati ritrovati i resti di abitazioni indigene e case greche del VI sec. a.C. e, a Macchiabate, una necropoli indigena con sepolture che coprono un arco cronologico che va dall'850 al 530 a.C. L'antico sentiero, che i pellegrini percorrevano per offrire doni alla dea Atena, e' oggi un affascinante percorso di trekking dove la suggestione dei templi greci si confonde con la natura rigogliosa.

- F.to di Indio -
Cerchiara resta il custode della spiritualità ospitando il Santuario della Madonna delle Armi. Si tratta di uno dei più pregevoli complessi monumentali, di origine medievale, della Calabria. Il titolo Madonna delle Armi deriva dal greco "Ton Armon" ossia "delle Grotte", "degli anfratti". L'antica leggenda vuole che nel 1450 alcuni cacciatori di Rossano videro una cerva infilarsi in una piccola grotta del Monte Sellaro. Giunti al suo interno non videro più la cerva ma due icone lignee raffiguranti i Santi evangelisti. I cacciatori, meravigliati del prodigio, portarono le tavolette nella loro citta', a Rossano. Qui pero' le tavolette sparirono ripetutamente per essere poi sempre ritrovate nel luogo del loro rinvenimento. Si decise quindi di edificare una piccola cappella che le custodisse. Durante i lavori, un fabbro indispettito da una pietra ovale, inservibile al suo scopo ma che gli capitava sempre tra le mani, la ruppe con un colpo deciso. Questa si apri in due: da un lato l'immagine della Madonna con il Bambino e dall'altra San Giovanni Battista. La prima e' custodita gelosamente ancora in una cappella con marmi policromi all'interno della chiesa, l'altra, raffigurante il precursore di Cristo, fu trafugata e, secondo una tradizione, trasportata a Malta.
Infine Civita oltre che per il Canyon del Raganello non si può non raccontare anche per la storia del suo Popolo di origine Albanese trapiantato in Italia all’epoca del Regno delle due Sicilie per uno scambio di favore tra l’allora Re di Napoli ed il condottiero Albanese Giorgio Castriota Scanderbeg noto per le sue eroiche imprese contro i Turchi.

  

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