IL VIAGGIO CONTINUA
Visitammo la stupefacente Machu Picchu
ma già il mattino del giorno successivo lasciammo Cuzco e con il " Ferrocaril
du Sur “, ossia con il noto
“treno delle Ande ", ci dirigemmo verso Puno. Il treno viaggiava ad
una quota di 3500/4000m. s.l.m. fermandosi su richiesta per favorire la discesa
e la salita dei passeggeri.
Attraversò villaggi, spesso composti da sole
due o tre case, dove si intravedevano pochi bambini in fila che si presume
stessero lì ad attendere il passaggio del treno come fosse la scena di un film.
Attraversò paesaggi grandiosi caratterizzati da prati immensi dove si
intravedevano mandrie di vigogne e
alpaca al pascolo ma anche da alte vette
innevate. Un paesaggio da cartolina dove anche il cielo mostrava il suo colore
blu cobalto mai visto prima. Dopo circa dodici ore arrivammo a Puno, ai bordi
del lago Titicaca, famoso per essere il lago navigabile più alto del
mondo. Cercammo prima un
albergo e lo trovammo nel centro della cittadina vicino ad una bellissima
chiesa e poi ci dirigemmo alla volta di un ristorante affamati essendo digiuni
dalla sera precedente. Da sei giorni ci trovavamo ad una quota superiore ai
2500 m e i nostri fisici cominciavano a risentirne tanto che il cammino si
faceva sempre più faticoso. In particolare avevo la sensazione di
camminare sulle sabbie mobili con gambe che quasi non percepivo più. Un buon
pasto ci aiutò a rimetterci in sesto nonostante ad un tratto fui pervaso da un
forte mal di testa di cui non mi sembrava aver mai sofferto che decisi di
trattare con the di coca ottenendo risultati soddisfacenti. Il giorno trascorse
e l’indomani decidemmo di procedere con la visita di alcune isole del lago.
Il lago
Titicaca è immenso, si estende per più di 8000 km quadrati ad occupare un'ampia
fossa tettonica ad una quota di oltre 3800 metri ed è circondato dalla
ciclopica Cordigliera Real. Con le sue rive settentrionali ed occidentali segna il confine con la
Bolivia. La campagna circostante è ricca di rovine pre-incaiche
(tra le quali le torri funerarie di Sillustani). Il clima è mitigato dalle
acque del lago: si mostra umido da ottobre ad aprile e secco da maggio a
settembre.
Decidemmo
di visitare le isole galleggianti degli Uros formate dalle canne di totora
(il giunco acquatico tipico del lago) le cui radici sono imprigionate da fango,
detriti e melma che ne impediscono la decomposizione. Stesso materiale è
utilizzato per la produzione delle barche tipiche (le balsas), delle
abitazioni,del le stuoie usate come pareti, dei tetti e delle porte.
Sbarcati
sulla prima "isola" avvertii una strana sensazione, come se
oscillassi sulla paglia. Trovammo ad attenderci una decina di donne e bambini
con vestiti coloratissimi dal rosso all’arancio, al verde, al blu in tono con l’azzuro dell’acqua e del
cielo.
Le donne mi sembravano tutte meravigliose con le loro lunghe trecce decorate alle estremità e con in
testa la caratteristica bombetta.
Trascorse
un altro giorno ed i nostri programmi prevedevano che partissimo alle sette del
giorno successivo per la Bolivia ma un addetto della compagnia dei Bus venne ad
avvisarci che che il Bus sarebbe partito alle 3 di notte per via di alcune
sommosse che si pensava potessero scoppiare. La mattina puntuale ci recammo
presso la compagnia e in silenzio ci fecero salire sul Bus in direzione La Paz.
Già dopo
una ventina di Km notammo che la via era stracolma di sassi che, man mano si
procedeva, divenivano sempre più grossi fino ad interromperla. Sulle colline,
si scorgevano, illuminate dalla luna, sagome umane che alla vista del bus
iniziarono a lanciare pietre tanto che questo fu costretto a deviare verso i
campi per non essere colpito.
Nonostante
tutto riuscimmo a scansare il pericolo e continuammo il viaggio costeggiando il
bellissimo lago impreziosito ulteriormente dall’alba.
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