- SAN LORENZO BELLIZZI -
TIMPE E GOLE DEL RAGANELLO
le TIMPE e le GOLE
della VALLE del RAGANELLO. sono situate nella
parte Sud-Orientale del Parco Nazionale del Pollino, interamente in Calabria ai
confini con la Basilicata e costituiscono un gioiello di enorme importanza per
i molteplici, sorprendenti aspetti geologici, morfologici, faunistici e per la
meravigliosa flora.
La Valle del Raganello è delimitata da quattro comuni dell'Alto
Ionio Cosentino: San Lorenzo Bellizzi,
Cerchiara di Calabria, Francavilla Marittima, Civita. Essa offre uno
straordinario scenario fatto di pareti rocciose alte centinaia di metri, gole
profondissime e meravigliose, boschi di faggio (nella località Fagosa) e di
querce (Bosco di Santa Venere), sorgenti fiabesche e tanto altro.
Gli
aspetti geologici e morfologici sono facilmente comprensibili solo se
considerati nel complesso del Massiccio del Pollino che costituisce il segmento
più meridionale della catena appenninica e rappresenta uno dei fattori chiave
per la comprensione dei rapporti strutturali tra l'Arco calabro-peloritano e
l'appennino meridionale.
Le
rocce che formano il territorio sono di natura calcarea-dolomitica di origine
sedimentaria che, 200 milioni di anni fa, nel Triassico, costituivano il fondo
della Tetide, il mare che divideva i due grandi continenti primordiali che
sarebbero successivamente divenuti la placca africana e la placca europea.
Circa 100 milioni di anni fa, alla fine del Cretaceo, il loro avvicinamento
provoco' un corrugamento del territorio e la lentissima formazione dei rilievi
tra cui le cosiddette Timpe.
Più
tardi, 5 milioni di anni fa, movimenti contrapposti di distensione
determinarono le fratture delle rocce emerse, chiamate propriamente faglie, di
cui un esempio e' ben visibile nella parete meridionale di Timpa Falconara.
Nel
complesso, comunque, tutto il Massiccio
del Pollino poggia su successioni carbonatiche che formano una piattaforma di
cui si è discussa l’origine alloctona (esterna) o autoctona (territoriale)
concludendo per un'origine oceanica alloctona risalente al Giurassico
Superiore-Paleogene.
Tra
le Timpe del Complesso Montuoso quella di S. Lorenzo rappresenta un rilievo a
cuesta con una scaglia tettonica di calcari emergente da rocce più tenere. La
conservazione del versante di faccia, che non presenta incisioni lineari, è
resa possibile oltre che dalla resistenza della bancata rocciosa anche dalla
penetrazione dell’acqua in profondità lungo fessure allargate dalla
dissoluzione carsica tipica di queste nostre aree.
Nello specifico, numerosi corsi d'acqua, solcando il Massiccio del Pollino, hanno
favorito lo sviluppo di Gole e Forre tra cui la Valle del Torrente Raganello
assai suggestiva dal punto di vista paesaggistico.
Il
Torrente Raganello nel suo decorso si organizza a formare una grande “esse” con
tre segmenti ben distinti.
Il primo segmento, definito "ALTA VALLE del RAGANELLO" attraversa
l'arco montuoso Manfriana, Serra Dolcedorme, Serra delle Ciavole, Serra di
Crispo, Monte Falconara e Timpa di San Lorenzo; a questo livello confluisce con
il Torrente Maddalena e forma le GOLE del BARILE. Il secondo segmento comprende le Gole vere e proprie definite “CANYON del
RAGANELLO" e termina presso il Ponte del Diavolo sotto l'abitato di
Civita.
Il terzo segmento è quello più caratteristico e molto simile a tutte le altre
fiumare della Calabria e viene definito “FIUMARA RAGANELLO”. Esso inizia sotto
l'abitato di Civita e termina alla foce nel Mare Jonio.
L’Alta
Valle del Raganello rappresenta la porzione più interessante dal punto di vista
naturalistico. Essa, infatti, mostra un paesaggio misto dove a prevalere sono
piante di Faggio in parte renaturalizzate dopo i grandi disboscamenti degli
inizi del secolo scorso. La peculiarita' del paesaggio e' anche favorita dal
fatto che esso sta attualmente recuperando la sua wilderness originaria grazie
alla scarsa presenza del genere umano offrendo cosi pace e silenzio per chi,
stanco della vita frenetica di citta' e grandi paesi, ha voglia di puro relax.
Il
CANYON del RAGANELLO rappresenta uno
spettacolo unico della natura, affascinante ed impressionante nello stesso
tempo, esso mostra pareti a picco che si estendono in altezza per più di 600 m
e che brandiscono il corso d'acqua invitandolo a percorrere l'interno delle
pareti con salti, balzi, risorgenze, meandri e piccoli gorghi. Qui sono sorti
capolavori
dell’ingegneria edile: a tal proposito si ricorda:
1) il Ponte d'Ilice , creato per consentire la traversata del Canyon su terra
ferma nel suo punto più stretto e più in basso così da favorire interscambi tra
Civita, Alessandria del Carretto e San Paolo Albanese.
2) il Ponte del Diavolo, oggi completamente rifatto a nuovo, in seguito al
crollo del 1998, creato per consentire gli scambi con l'alto Jonio cosentino e
la Pian di Sibari. Una leggenda narra che da qui passò OTTONE II con i suoi
soldati.
Infine
la FIUMARA del RAGANELLO ultimo segmento
del torrente che si approssima alla fine del suo percorso per sfociare nel Mar Ionio. Qui troviamo ampi
alvei fluviali erosi da forti piene con trasporto di materiali ghiaiosi e
spettacolari pareti ad arenaria composita ricca di colori.
La Valle del Raganello è, però, anche ricca di tanta
Fauna. Alla foce del torrente troviamo simpatici Fenicotteri, Cavalieri
d’Italia e Gru. Risalendo la fiumara si incontrano Aironi.
Cenerini,
Falchi pescatori e tanti altri volatili che trovano accoglienza e cibo tra i sassi ed i pietroni di
rotolamento pronti a regalarci gioia e spensieratezza trasmettendo l’idea della
libertà assoluta che regna in natura.
La magia ovviamente prosegue man mano che si risale perché a livello del canyon può
capitare di osservare lo slancio aereo del Falco Pellegrino, la Poiana o il
maestoso Grifone. Infine in
corrispondenza dell’Alta Valle del Raganello troviamo il regno assoluto
dell’Aquila Reale. Sulla Falconara è consuetudine vedere librarsi in aria un
biancone con un Biacco ancorato al becco destinato ai suoi piccoli che
aspettano affamati il “pranzo quotidiano”.
La Flora
Dal punto di vista floristico non si può non
considerare l’emblema del Parco Nazionale del Pollino: Il Pino Loricato
Se fino a non molti anni fa le descrizioni naturalistiche
del massiccio del Pollino definivano il pino loricato "un vero e proprio
fossile vivente, ridotto a poche migliaia di esemplari" fornendo
l'impressione di trovarsi davanti ad una specie in via di estinzione, le
attuali conoscenze permettono di considerarlo una specie endemica, localmente
abbondante e con una attività e vitalità rigenerativa mediamente elevata.
Il Pino Loricato può essere definito, secondo una
espressione darwiniana, 'fossile vivente', risalente al Cenozoico. Esso venne individuato
per la prima volta nel 1864, nell'area balcanica centro-occidentale dal
botanico austriaco Franz Antoine, che lo descrisse e classificò con il nome
pinus leucodermis (letteralmente: pino dalla pelle bianca), per il colore
grigio-bianco della corteccia dei rami giovani. In Italia invece i primi Pini
Loricati vennero individuati nel 1905 proprio sul massiccio calcareo del
Pollino (sulla catena dell'Orsomarso in territorio casentino, sul Monte La
Spina e nella Serra di Crispo in territorio lucano), in esito a varie
esplorazioni condotte dal botanico Biagio Longo. Le notevoli altitudini delle vette che ospitano
questa conifera (dai 2.053 m della Serra di Crispo ai 2.267 m della Serra
Dolcedorme,) hanno fatto si che essa si sviluppasse, in tutta la sua
maestosità, sia in senso “orizzontale” che in senso “verticale” tanto da
mostrare forme contorte e tormentate. Questo straordinario sviluppo
individuale, però, l’ha resa, però, estremamente lenta nel processo
riproduttivo e maturativo. La germinazione del seme, infatti, necessita di due
anni, a fronte dei 10-15 giorni occorrenti ai semi delle altre conifere, e
l'accrescimento risulta 6-7 volte più
lento che in altre specie. Le piante più vecchie presentano un tronco bianchissimo e resinoso, ormai privo
delle scaglie sulla corteccia. La resinosità del legno porta a processi di
marcescenza molto lenti dopo la morte della pianta, con l'ulteriore e
suggestivo effetto di piante non più in vita ma che non crollano al suolo,
restando erette per anni, trasformate in veri monumenti arborei. Il
Pino Loricato è un albero tra i più rari in Italia, nonché il più antico in
assoluto. Studi effettuati nel 1989 hanno dimostrato un’ età di 963 anni per un
esemplare presente nel versante calabrese del Pollino.