Quasi sempre al ritorno dai nostri viaggi ci rendiamo conto che il tempo a disposizione non è mai abbastanza.Così scegliamo accuratamente ben consapevoli che lasceremo indietro qualcosa.
E andandocene lasciamo sempre un pezzettino di cuore in ogni parte del mondo pensando “un giorno ritorneremo“la scusa bisogna sempre pensarla quando si rientra: Un ristorantino da gustare, una spiaggia da scoprireo un luogo da esplorare. A noi viene tutte le volte la sensazione di aver dimenticato davvero qualcosa Adesso che siamo stati a Dubai no. Siamo ritornati pensando che eravamo a posto cosi, eravamo felicidi aver aggiunto un altro tassello nelle puzzle del mondo che abbiamo conosciuto, ma che bastava.
Dubai
è una città di grattacieli in mezzo al deserto.
Quando è stato creato il mondo non era previsto che delle persone vivessero lì.
È un ambiente così ostile per l’uomo che tutta la vita si svolge al chiuso,
dentro le case, gli uffici, i centri commerciali, le auto.
Le persone si
spostano solo in macchina/taxi/bus climatizzati e non ci pensano minimamente ad
andare a piedi. È proprio stata concepita così: la maggior parte delle
strade non ha marciapiedi, è troppo caldo per camminare. Io che adoro il caldo
a Dubai proprio era troppo, tutti i giorni 40/43/42/45.
Le strade sono tutte superstrade e il loro unico scopo è collegare due luoghi.
Le passeggiate non esistono, non vi dico le facce che si sono fatti quando abbiamo chiesto come
facevamo a raggiungere un posto a piedi che sulla cartina era abbastanza vicino, niente
o bus o taxi.
Abbiamo provato a camminare lungo una
strada sotto il sole con 43° per dieci minuti senza incontrare anima viva, ma
solo auto. Poi ci siamo rassegnati.
Da vedere non c’è niente a Dubai, o almeno niente che mi abbia
colpito. Centri commerciali enormi, hotel e isole dalle forme più disparate (la
famosa “vela” Burj al-Arab ad
esempio, che però si può vedere solo da lontano o andare a cena con la solo
certezza di spendere un occhio, attrazioni costose e artefatte.
L’unica
cosa per cui ne è valsa veramente la pena: salire sul Burj Khalifa,
il grattacielo più alto del mondo, e vedere Dubai dall’alto, l’unica cosa che
vale il viaggio.
Burj Khalifa.
A me in generale affascinano da morire le città dall’alto. Riesci a capire molto di un luogo guardandolo nella sua interezza. Stessa cosa
anche per Dubai, si capisce tanto dalla cima del Burj Khalifa.
Questo è il grattacielo più alto al
mondo misurando ben 829,8 metri. Detiene un’altra decina di record assurdi tipo
“la piattaforma d’osservazione esterna più alta al mondo” o “l’ascensore di
servizio più alto al mondo”. Si sale in cima (si può arrivare fino a poco più
di 600 metri con un ascensore velocissimo 22s. per 124 piani), che ti tappa le
orecchie perla velocità. Da lassù vedi davvero uno scenario incredibilmente fantastico.
Grattacieli enormi che spuntano dalla sabbia, un groviglio di autostrade che
collega palazzi giganteschi, architetture futuristiche e materiali
all’avanguardia.
Tutto questo circondato dal nulla. Deserto. Sabbia. Afa. Caldo.
Vederlo dà lassù ti rendi conto dell’accanimento dell’uomo che non si
rassegna al volere della natura e che capriccioso si impunta, continuando a
costruire.
Siamo
scesi da lì con un senso di vuoto e di desolazione. C’è chi è ispirato da
questo sviluppo inarrestabile e ricchissimo in mezzo al deserto. C’è chi ci
vede il futuro e chi ci vede un grande esempio per l’ottima strategia di
business.
Noi abbiamo pensato che sopravvivere grazie all’aria condizionata
spostandoci da un centro commerciale all’altro a bordo di un taxi non fa per noi.
Una
canzone diceva …”Bella senz’anima…” ecco questa è Dubai
Ci sono città che
raccontano una storia e trasmettono calore anche tra mille brutture ed altre
invece che nonostante siano pulite e ordinate non riescono a suscitare altro se
non un asettico apprezzamento ."..Bella senz’anima!!!..."
Dopo Tenerife e Lanzarote questa volta eccoci a parlare di Fuerteventura. L'arcipelago delle Canarie (Spagna) è costituito da 7 isole (Gran Canaria, Fuerteventura, Lanzarote, Tenerife, La Gomera, La Palma e El Hierro), ognuna delle quali presenta caratteristiche molto diverse: La Gomera, La Palma e El Hierro sono montuose, verdi e punteggiate qua e la da spiagge di sabbia nera. Lanzarote e Fuerteventura hanno paesaggi desertici e spiagge di sabbia bianca. Gran Canaria è come un continente in miniatura, che passa da un aspetto sub tropicale e fertile a totalmente desertico; Tenerife invece, la più estesa, presenta anch'essa aspetti diversi: dalla cima più alta di 3700 metri alle più turistiche ed animate spiagge. La nostra scelta questa volta non poteva che essere Fuerteventura. Abbiamo deciso di non soggiornare in un solo hotel ma di spostarci ogni giorno ed eventualmente fermarci un giorno in più, qualora il posto lo meritasse. Questa decisione è risultata ottima perché ci ha permesso di girare l'isola in lungo e in largo anche se poi le distanze non sono enormi: da una punta all’altra dell’isola, infatti,la distanza è di circa 100Km.
Le Isole Canarie sono un grande arcipelago di sette isole maggiori e due isole minori, tutte di origine vulcanica e fanno parte del territorio del Regno di Spagna. Dal 1982 è una comunidad Autonoma stabilita dalla Costituzione. Dal punto di vista geologico le Canarie non solo altro che le punte emergenti di una vasta catena montuosa di origine vulcanica che si dispiega sul fondale dell'Oceano, dal quale emersero all’incirca trenta milioni di anni fa, quando le placche tettoniche entrarono in collisione corrugando la superficie del pianeta e causando la formazione della catena dell’Atlante in Marocco nonché, nell’Oceano, l’emersione delle medesime Canarie, di Madera, delle Azzorre e delle Isole di Capo Verde. Tutte insieme queste isole sono considerate dai geologi un corpo unico denominato Macronesia. Fuerteventura è, rispetto a Tenerife e Lanzarote, la più selvaggia: un’isola che è ancora per lunghi tratti poco cementificata e si spera che così resti ancora per lungo tempo dal momento quando arriva "la mano dell’uomo" il più delle volte non è per valorizzare le bellezze esistenti ma per speculare, incurante dell’ambiente e dei suoi equilibri. A Fuerteventura non ci sono alberi, non c'è un fiume, non ci sono città degne di nota, non ci sono chiese o grandi opere artistiche, non c'è caos e tantomeno non ci sono grandi centri commerciali o parchi di divertimento; troviamo solo l'oceano ed enormi spiagge di sabbia bianca e piccoli paesini.
Grazie ad un costante ed incessante vento (più che nelle altre Isole), vengono praticate numerose attività sportive tra le quali spicca il wind surf e il kite surf con diversi centri importanti che richiamano molti giovani che praticano questi sport.
Perché on the road? Quasi sempre l’anima di ogni paese risiede nel suo territorio globalmente inteso. A Fuerteventura come anche in altre isole ci si può emozionare ovunque per cui durante il tragitto ci siamo fermati più volte per ammirare i paesaggi. Con la nostra auto a noleggio abbiamo passato intere giornate sulle strade di Fuerteventura fotografando la nostra avventura on the road alla ricerca di sterrati, mirador suggestivi e spiagge incontaminate da nord a sud e da est a ovest. Affascinato dai racconti e dalle tante fotografie dell'isola abbiamo alloggiato in zone diverse di Fuerteventura. In dieci giorni abbiamo cambiato 7 hotel. Il viaggio ci ha portato a scoprire nuovi orizzonti fatti da Montagne, mare, nuvole, sole, scoiattoli e caprette.
Iniziamo il nostro on the Road da Puerto del Rosario (sede dell'aeroporto di Fuerteventura), si tratta di una città pittoresca caratterizzata da un paesaggio che fonde, neanche troppo bene, una parte estremamente moderna con negozi e centri commerciali con un'altra fatta di case e vecchie abitazioni che popolano i quartieri di periferia a pochissimi minuti dal centro. Il viaggio continua in direzione del parco delle dune di Corralejo che davvero incantano. A pochi chilometri dalla città ci si ritrova catapultati da un ambiente Sahariano dove alte dune di sabbia bianca si confondono con la spiaggia e con l'acqua cristallina dell'oceano. Arrivati a Corralejo non è difficile capire che ci si trova nella parte più movimentata e turistica dell'isola. La via principale è caratterizzata da negozi di souvenir che si susseguono uno dopo l'altro, a volte intervallati da altri che propongono la vendita di attrezzature per surf visto che Fuerteventura è il paradiso dei Surfisti, in particolar modo proprio la città dìi Corralejo.
Da qui raggiungiamo la costa ovest dell'isola e in poco tempo si arriva a El Cotillo. Le case colorate, i colori pastello e quelle porte dalle tante sfumature ci hanno subito conquistato, così come i localini sulla strada e quella atmosfera senza tempo che sembra aver immortalato l'attimo di eterna tranquillità. La costa di El Cotillo è caratterizzata da diverse spiagge davvero molto belle, tra queste la più famosa è sicuramente La Concha, una spiaggia a forma di mezzaluna che protegge dalle maree e dalle onde mosse dal vento. Qui ci siamo fermati a dormire in un hotel non distante dalla spiaggia.
Abbandoniamo la costa ovest e iniziamo la discesa verso la parte meridionale dell'isola, per attraversare il cuore di Fuerteventura! Qui il paesaggio cambia velocemente e l'acqua e la sabbia che eravamo abituati a vedere lascia spazio a montagne e colline. Attraversiamo La Oliva, un piccolo comune caratterizzato per lo più da spazi verdi. E' qui che il martedì e il giovedì è possibile passeggiare nel caratteristico mercatino di La Oliva. Noi eravamo nel giorno sbagliato. Attraversata La Oliva, abbiamo raggiunto la sacra montagna di Tindaya. Questa montagna alta 400 metri, non ha niente di particolare se non che racchiude tutto il fascino misterioso e antico della sua storia. Gli antichi aborigeni di Fuerteventura consideravano Tindaya un luogo sacro al quale attribuivano poteri magici. A dimostrazione di ciò la montagna raccoglie più di 300 incisioni a forma di piede dal grande valore archeologico. Da Tindaya continuiamo a scendere verso il sud di Fuerteventura. Arriviamo al mirador di Morro Velosa. La strada per raggiungere questo Mirador è probabilmente la più difficile, ma il panorama rurale di Betancuria visto da 669 metri di altitudine è davvero emozionante. Proseguiamo in direzione del villaggio La Paredfamosa per diverse scuole di surf. Ci spostiamo sulla Costa Calma per raggiungere Morro Jabledove si trova il nostro hotel precedentemente prenotato. Preso possesso della nostra camera, sistemati i bagagli, ci rechiamo alla spiaggia Jandia.
In circa 5 km si è catapultati in mezzo al deserto con dune e distese infinite di sabbia che finiscono in un mare fantastico. Questa è la più bella dal punto di vista dei colori del mare: ci sono diverse insenature naturali che si susseguono e, grazie alle rocce laviche nel mare, si sono formate tante bellissime piscine naturali, con l’acqua bassa (e quindi anche meno fredda) di un colore celeste chiaro da cartolina...".
La tappa successiva è stata Caleta de Fuste un centro turistico molto rinomato per via di diversi campi da golf e di una bellissimma stupenda baia a forma di ferro di cavallo, con ancora un vecchio e suggestivo porto, costeggiata da una grande spiaggia di sabbia dorata. Gli ultimi due giorni la dedichiamo alla scoperta di alcuni villaggi e spiagge nei dintorni di Corralejo.
Anche questa vacanza è giunta al ternine. Ritorniamo in aeroporto, consegnamo l'auto e facciamo ritorno a casa con il pensiero al prossimo viaggio.
Non dirmi quanti anni hai, o
quanto sei educato e colto, dimmi dove hai viaggiato e che cosa sai. (Maometto)
Petra,uno
dei luoghi più suggestivi e più visitati del Pianeta. L’antica città giordana fondata dai
Nabatei è rimasta nell’ombra fino al 1812 quando il viaggiatore svizzero Johann Ludwig Burckhardt, travestito da
beduino, si imbatté in questo straordinario capolavoro di pietra. Il rosso
della terra, il giallo e il verde della vegetazione contrastano meravigliosamente
con i monumenti di ogni tipo, letteralmente scavati nella roccia. Tracce di una
civiltà sparita nel nulla, quella dei nabatei, della quale restano: anfiteatri, tombe ed il
famosissimo monastero di Petra. L'antica città di Petra, patrimonio
dell'UNESCO, è una costruzione davvero unica: basti pensare che è stata costruita “al contrario”, ossia partendo dagli apici per poi giungere alle fondamenta..
La nostra
visita inizia dalle prime ore del mattino per non perdere i giochi di luce e di colori che
l’alba sa regalare. All’ingresso del sito troviamo baracchine di souvenir definite “Indiana Jones gift shop” uno dei motivi per cui milioni di persone nel mondo desiderano visitare Petra.
Da subito siamo avvicinati dabeduini
che ci invitano a visitare Petra a dorso di uncavallo o di un asino. Noi gentilmente rifiutiamo perché
vogliamo scoprire e godere fino in fondo questo magico posto percorrendolo a piedi.
Il percorso che inizia partendo da una vasta area aperta da subito lascia intravedere l'imponente Tomba degli Obelischi che è la prima delle tombe
rupestri che caratterizzano tutto il sito.
Procedendo in avanti arriviamo al Siq e qui vediamo già alcune persone in calesse di ritorno dalla città vecchia e sono solo
le 8 del mattino. Ci addentriamo nel Siq, questa gola
profondissima, stretta e tortuosa, scavata nella roccia che, complice anche quel
poco di sole che filtra, diventa di mille colori, da rosa ad arancio a
violacea. L’ingresso al Siq una volta aveva una porta monumentale, ad arco, di
cui oggi rimangono solo i segni scavati nella roccia. Un uomo vestito da
soldato nabateo ci invita ad entrare.
Lungo il
percorso attraverso la gola incontriamo tombe rupestri, rappresentazioni della
divinità nabatea Dusharà, ciò che resta di una carovana di uomini e cammelli
scolpita nella roccia. Ad ogni
curva cresce l’aspettativa, l’emozione, la tensione, continuiamo a scattare foto perché ad ogni angolo la luce cambia e vogliamo portare a casa tutto quello che ci colpisce comprese luci e colori. Dopo più di
un km intravediamo la luce! Attraverso una piccolissima strettoia che si apre
gradualmente, scorgiamo dapprima come un bagliore che mana mano prende forma fino a lasciare intravedere in tutto il suo splendore il Tesoro che ha reso Petra celebre in
tutto il mondo!
Nel 1985
è stata riconosciuta Patrimonio mondiale dell’Umanità dall’Unesco
e, nel 2017, è entrata nella lista delle Sette meraviglie del
mondo.
L'ingresso
all'antica Petra, dopo aver percorso il Siq, è qualcosa di magico ed
emozionante
L’emozione è
forte, quasi ci si commuove, perché per quante volte l’abbiamo vista in
fotografia o in TV, quest’immagine dal vivo lascia in ogni caso senza fiato! Il
Tesoro illuminato dal sole che contrasta col buio dell’ultimo tratto del Siq,
la piazza gremita di gente e i dromedari che passeggiano… l’impatto è davvero
molto forte, e ci lascerà sicuramente il segno. Inutile che descriva la
facciata di questa meraviglia scavata nella roccia, che non è un tempio, non è
un palazzo, ma…una tomba! L’interno è, infatti, una semplice stanza quadrata
con delle nicchie nelle pareti. Ciò che colpisce dell’interno sono le venature
della roccia: arancio, rosa e viola si inseguono e creano sfumature
incredibili proprio perché del tutto naturali.
A questo punto
procediamo all’esplorazione della capitale Nabatea, e per prima cosa ci
inoltriamo nella Via delle Tombe. Parlo di esplorazione e non di visita, perché
la nostra è una costante scoperta delle meraviglie che si incontrano ad ogni
passo, un continuo guardarsi intorno estasiati, un voler procedere avanti cercando
di scoprire quanto più possibile di ciò che ci circonda.
Si apre davanti a noi
il teatro, ovviamente scavato nella roccia, e perciò di uno splendido colore
rosa. Il percorso brulica di gente: turisti, beduini con i dromedari, bambini
con gli asinelli. Sicuramente si perde l’atmosfera magica che invece ci
dovrebbe circondare, quell’atmosfera che ha fatto sì che il segreto di Petra
rimanesse nascosto per tanto tempo.
Cominciamo
la scalata verso le tombe probabilmente reali, splendidamente intagliate nella
roccia, imponenti e maestose, che niente hanno da invidiare al Tesoro. La prima
che incontriamo è la cosiddetta tomba dell’Urna, che in età bizantina fu
trasformata in chiesa, e che davanti a sé ha una terrazza da cui si domina
tutta la vallata. Seguono la tomba Corinzia, molto simile al Tesoro, ma non
così ben conservata, e la tomba Palazzo, un po’ diversa dalle altre: non è
coronata come le altre fin qui viste da un timpano spezzato con in mezzo una
tholos o un’urna, ma ha una successione di 5 piani in cui quello superiore è
sempre alto la metà di quello inferiore.
Proseguiamo discendendo un sentiero
che ci porta in un angoletto nascosto, in cui finalmente assaporiamo un po’ di
pace: la folla dei turisti è lontana, non si avventura fino qui e noi possiamo
goderci in tutta serenità, bucolica direi, la tomba rupestre diSextus
Florentinus, governatore di Petra che morì intorno al 129 d.C. La
tomba è senz’altro più modesta delle tombe reali precedenti, ma mostra la
volontà di non rompere con le tradizioni funerarie della città, nonostante
l’iscrizione in latino ci faccia capire immediatamente chi è il personaggio cui
siamo davanti. Dietro di noi, in lontananza, scorgiamo il villaggio di beduini
che è stanziato all’interno del parco e sulla nostra sinistra vediamo un gregge
di pecore in un riparo sottoroccia che un tempo fu una tomba.
Scendiamo finalmente nella città
nabatea, percorriamo una via colonnata che costeggia il torrente Wadi Musa.
Sulla sinistra si apre il grande tempio, con i particolari capitelli a testa di
elefante. Nel suo complesso era inserito anche un piccolo teatro, unodeionper le riunioni del Consiglio
cittadino. Di fronte c’è il tempio dei Leoni alati, così chiamato per i suoi caratteristici capitelli.
Varcata una porta monumentale entriamo nel santuario
del tempio di Dusharà, di cui si conserva in parte l’elevato, e che risulta
pertanto decisamente imponente e in posizione un po’ soprelevata, per indicare
l’ascensione verso il dio. Lo spiazzo antistante è un parcheggio di dromedari…
Dobbiamo decidere se salire fino al
monastero oppure no. Il caldo si fa sentire, per arrivare fino in cima
occorrono minimo quarantacinque minuti. Prima di decidere ci riposiamo su
alcuni sassi e osserviamo il via vai dei ragazzi che ci invitano a salire al
monastero con il cavallo.Decisione
presa, si parte. Ci inerpichiamo per una stretta e tortuosa salita, a tratta
costituita da scalinate intagliate nella roccia, costeggiando precipizi
piuttosto profondi, cercando di scansare gli asinelli condotti da ragazzini
beduini, che scendono a rotta di collo lungo questo sentiero che è l’unica via
per salire. Ogni tanto ci voltiamo indietro, il paesaggio è mozzafiato: Lo
sguardo spazia lontano, fino alla tomba Palazzo, che ora è lontanissima e
minuscola. Quando giungiamo in vetta, non può non sfuggirci un “ Oooohhh che
meraviglia!” Tanta fatica per arrivare fin a qui, ma ne è valsa la pena.
Il monastero, la cui
sommità è sovrastata da una poderosa urna, su cui la gente può anche salire (a
proprio rischio e pericolo! Qui non è ancora arrivata una normativa sulla messa
in sicurezza dei siti archeologici…), è persino più grande del Tesoro, e di
sicuro non lascia delusi! Ritorniamo sui nostri passi, ridiscendiamo la stretta
e tortuosa via, poi rifacciamo indietro il percorso fino a tornare al Tesoro, che
ora, non più baciato dal sole, mostra la tinta rosa della roccia nella
quale è scolpito. Ripercorriamo a ritroso il Siq e torniamo soddisfattissimi al
nostro hotel, dove ci scambiamo le nostre impressioni.
La giornata di oggi è stata
lunga e intensa, siamo tutte e due decisamente provati, ma felice di quello che
abbiamo visto e delle delle sensazioni provate.
WADI RUM Usciti dalla dogana, ci siamo diretti verso la fantastica zona dello Wadi Hisma (RUN) o meglio
conosciuta come Hisma Valley (Valle della Luna), un vasto territorio
caratterizzato da imponenti e suggestive formazioni
rocciose color ocra che emergono dalla
sabbia dorata. Mentre la jeep si addentrava in quel
mare di sabbia e si fermava poi accanto a quelle cattedrali di roccia, ci sentivamo pervasi da una
gioia mista ad emozione... ...provavamo una gratitudine effervescente per tutto quello che ci circondava, perché potevamo
camminare sulla sabbia, sui sassi dei costoni, potevamo guardarci intorno
in
quella infinita distesa che ci circondava, tra
quella miriade di formazioni rocciose da capogiro. Ne avevamo visti di deserti,
di dune, forse anche luoghi più pittoreschi, ma qui era un’altra cosa perché ci sembrava che la natura stessa ci
sussurrasse un messaggio.. l’emozione è un dono… sentivamo il piacere di
esistere e proprio questa sensazione di esistere e di poter vedere diventava ad
ogni passo più viva ed intensa, tanto che camminavamo quasi sfiorando il terreno per non rompere l’incanto di quei momenti.
Attorno a noi le rocce avevano le forme più strane, intravedevamo un nave
pronta per salpare, figure di animali mostruosi, una
sequenza di donne velate, ci sovrastavano perché potevamo immaginare di tutto,
ci trovavamo in una Angkor che l’uomo non aveva mai costruito, tra palazzi
naturali, cesellati che emozionavano e nello stesso tempo suscitavano rispetto
ed ammirazione.
Quale architetto anche tra i più valenti sarebbe riuscito ad
ideare simili meraviglie? Dapprima questo paradiso naturale di rocce e
sabbia aveva una colorazione rosata, rassicurante, poi man mano il giorno
avanzava verso il crepuscolo, i faraglioni di roccia diventavano di un colore
bruno, più intenso e l’atmosfera surreale acquistava un aspetto di “bellezza
tenebrosa” giocavamo con le nostre ombre che si proiettava sulle pareti
rocciose.
Poi dopo aver goduto del tramonto con la nostra jeep abbiamo
ripercorso l’uadi e salendo e scendendo sulle dune di sabbia, tremando di
eccitazione se la discesa era troppo ripida, abbiamo ripreso la via del
ritorno.
La sera poi, nell’accampamento cenando e festeggiando
intorno a un fuoco in compagnia dei beduini che ballavano cantavano
e fumavano il nerghilé, si viveva un momento magico di fraterna
comunicazione.
Eravamo liberi sotto un cielo stellato...quante stelle! E chi li ricordava più. con le sole
nostre voci che riempivano il silenzio della natura.. liberi
di essere e di
sognare quello che volevamo. Una magia.
Wadi Rum
Lasciamo Wadi Rum e ci dirigiamo verso quello che si rivelerà una vera magia...