GIORDANIA - PETRA
UNA GEMMA NASCOSTA
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Non dirmi quanti anni hai, o quanto sei educato e colto, dimmi dove hai viaggiato e che cosa sai.
(Maometto)
La nostra
visita inizia dalle prime ore del mattino per non perdere i giochi di luce e di colori che
l’alba sa regalare. All’ingresso del sito troviamo baracchine di souvenir definite “Indiana Jones gift shop” uno dei motivi per cui milioni di persone nel mondo desiderano visitare Petra.
Da subito siamo avvicinati da beduini
che ci invitano a visitare Petra a dorso di un cavallo o di un asino. Noi gentilmente rifiutiamo perché
vogliamo scoprire e godere fino in fondo questo magico posto percorrendolo a piedi.
Il percorso che inizia partendo da una vasta area aperta da subito lascia intravedere l'imponente Tomba degli Obelischi che è la prima delle tombe rupestri che caratterizzano tutto il sito.
Il percorso che inizia partendo da una vasta area aperta da subito lascia intravedere l'imponente Tomba degli Obelischi che è la prima delle tombe rupestri che caratterizzano tutto il sito.
Procedendo in avanti arriviamo al Siq e qui vediamo già alcune persone in calesse di ritorno dalla città vecchia e sono solo
le 8 del mattino.
Ci addentriamo nel Siq, questa gola profondissima, stretta e tortuosa, scavata nella roccia che, complice anche quel poco di sole che filtra, diventa di mille colori, da rosa ad arancio a violacea. L’ingresso al Siq una volta aveva una porta monumentale, ad arco, di cui oggi rimangono solo i segni scavati nella roccia. Un uomo vestito da soldato nabateo ci invita ad entrare.
Ci addentriamo nel Siq, questa gola profondissima, stretta e tortuosa, scavata nella roccia che, complice anche quel poco di sole che filtra, diventa di mille colori, da rosa ad arancio a violacea. L’ingresso al Siq una volta aveva una porta monumentale, ad arco, di cui oggi rimangono solo i segni scavati nella roccia. Un uomo vestito da soldato nabateo ci invita ad entrare.
Lungo il
percorso attraverso la gola incontriamo tombe rupestri, rappresentazioni della
divinità nabatea Dusharà, ciò che resta di una carovana di uomini e cammelli
scolpita nella roccia.
Ad ogni curva cresce l’aspettativa, l’emozione, la tensione, continuiamo a scattare foto perché ad ogni angolo la luce cambia e vogliamo portare a casa tutto quello che ci colpisce comprese luci e colori. Dopo più di un km intravediamo la luce! Attraverso una piccolissima strettoia che si apre gradualmente, scorgiamo dapprima come un bagliore che mana mano prende forma fino a lasciare intravedere in tutto il suo splendore il Tesoro che ha reso Petra celebre in tutto il mondo!
Ad ogni curva cresce l’aspettativa, l’emozione, la tensione, continuiamo a scattare foto perché ad ogni angolo la luce cambia e vogliamo portare a casa tutto quello che ci colpisce comprese luci e colori. Dopo più di un km intravediamo la luce! Attraverso una piccolissima strettoia che si apre gradualmente, scorgiamo dapprima come un bagliore che mana mano prende forma fino a lasciare intravedere in tutto il suo splendore il Tesoro che ha reso Petra celebre in tutto il mondo!
Nel 1985
è stata riconosciuta Patrimonio mondiale dell’Umanità dall’Unesco
e, nel 2017, è entrata nella lista delle Sette meraviglie del
mondo.
L'ingresso
all'antica Petra, dopo aver percorso il Siq, è qualcosa di magico ed
emozionante
naturali.
Si apre davanti a noi il teatro, ovviamente scavato nella roccia, e perciò di uno splendido colore rosa. Il percorso brulica di gente: turisti, beduini con i dromedari, bambini con gli asinelli. Sicuramente si perde l’atmosfera magica che invece ci dovrebbe circondare, quell’atmosfera che ha fatto sì che il segreto di Petra rimanesse nascosto per tanto tempo.
Proseguiamo discendendo un sentiero che ci porta in un angoletto nascosto, in cui finalmente assaporiamo un po’ di pace: la folla dei turisti è lontana, non si avventura fino qui e noi possiamo goderci in tutta serenità, bucolica direi, la tomba rupestre di Sextus Florentinus, governatore di Petra che morì intorno al 129 d.C. La tomba è senz’altro più modesta delle tombe reali precedenti, ma mostra la volontà di non rompere con le tradizioni funerarie della città, nonostante l’iscrizione in latino ci faccia capire immediatamente chi è il personaggio cui siamo davanti. Dietro di noi, in lontananza, scorgiamo il villaggio di beduini che è stanziato all’interno del parco e sulla nostra sinistra vediamo un gregge di pecore in un riparo sottoroccia che un tempo fu una tomba.
Scendiamo finalmente nella città
nabatea, percorriamo una via colonnata che costeggia il torrente Wadi Musa.
Sulla sinistra si apre il grande tempio, con i particolari capitelli a testa di
elefante. Nel suo complesso era inserito anche un piccolo teatro, un odeion per le riunioni del Consiglio
cittadino. Di fronte c’è il tempio dei Leoni alati, così chiamato per i suoi caratteristici capitelli.
Varcata una porta monumentale entriamo nel santuario
del tempio di Dusharà, di cui si conserva in parte l’elevato, e che risulta
pertanto decisamente imponente e in posizione un po’ soprelevata, per indicare
l’ascensione verso il dio. Lo spiazzo antistante è un parcheggio di dromedari…
Dobbiamo decidere se salire fino al
monastero oppure no. Il caldo si fa sentire, per arrivare fino in cima
occorrono minimo quarantacinque minuti. Prima di decidere ci riposiamo su
alcuni sassi e osserviamo il via vai dei ragazzi che ci invitano a salire al
monastero con il cavallo. Decisione
presa, si parte. Ci inerpichiamo per una stretta e tortuosa salita, a tratta
costituita da scalinate intagliate nella roccia, costeggiando precipizi
piuttosto profondi, cercando di scansare gli asinelli condotti da ragazzini
beduini, che scendono a rotta di collo lungo questo sentiero che è l’unica via
per salire. Ogni tanto ci voltiamo indietro, il paesaggio è mozzafiato: Lo
sguardo spazia lontano, fino alla tomba Palazzo, che ora è lontanissima e
minuscola. Quando giungiamo in vetta, non può non sfuggirci un “ Oooohhh che
meraviglia!” Tanta fatica per arrivare fin a qui, ma ne è valsa la pena.
Il monastero, la cui
sommità è sovrastata da una poderosa urna, su cui la gente può anche salire (a
proprio rischio e pericolo! Qui non è ancora arrivata una normativa sulla messa
in sicurezza dei siti archeologici…), è persino più grande del Tesoro, e di
sicuro non lascia delusi! Ritorniamo sui nostri passi, ridiscendiamo la stretta
e tortuosa via, poi rifacciamo indietro il percorso fino a tornare al Tesoro, che
ora, non più baciato dal sole, mostra la tinta rosa della roccia nella
quale è scolpito. Ripercorriamo a ritroso il Siq e torniamo soddisfattissimi al
nostro hotel, dove ci scambiamo le nostre impressioni.
La giornata di oggi è stata
lunga e intensa, siamo tutte e due decisamente provati, ma felice di quello che
abbiamo visto e delle delle sensazioni provate.
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