giovedì 12 giugno 2014

RIFLESSIONI - Tramonto a Mui Ne in compagnia di un cane


Tramonto a Mui Ne ( Vietnam) in compagnia di un cane





























RIFLESSIONI
Mi piaceva rimanere seduto sulla spiaggia dalla sabbia bianca e pieno di conchiglie e piccole stelle marine. Aspettavo  il tramonto con lo sguardo che si perdeva nella moltitudine di colori che stava scendendo dal cielo, lentamente a giocare con le onde  la sua magia, formata da raggi di luce incrociati, che ballavano tra loro fino a perdersi nelle acque del mare. Un oceano a dire il vero, anche se si lascia chiamare Mare della Cina. Un cane randagio si era accucciato vicino a me, ma qui non dicono che li mangiano? Forse si! qualcuno sicuramente si!  ma forse quello  non era un randagio e aveva  sicuramente un padrone. Era  docile, mi guardava con i suoi occhi dolci, era come se volesse condividere con me il tramonto. Mary era  rimasta  in bungalow e non ha fatto in tempo a godere di questo spettacolo e di questa scena. 


 -Tramonto a Mui Ne -

Dicono che tutti i tramonti son uguali, io dico no! Ogni volta che il sole scende e ci saluta ci lascia sempre unemozione diversa, perché i pensieri, le sensazioni del momento  cambiano. Faceva ancora caldo anche se puntualmente la brezza marina iniziava a soffiare leggera.  Il sole finito il suo spettacolo lasciava il posto a una luce meravigliosa che rendeva le cose magiche. Osservavo i pescatori vicino alle loro strane barche rotonde che  sembravano ceste o semplicemente dei gusci di noci.  La luce contribuiva e  rendeva queste scene quasi surreali, magiche.  Allora alzavo gli occhi e imprigionavo lo spettacolo nella mia anima, nel cassetto aperto di quelli che saranno i miei futuri ricordi. Si era  nel capodanno Cinese, 2014 anni di storia ma per un attimo ero andato con lo spirito e lanima ben oltre, immergendomi nellimmensità del creato.



MAROCCO - LA BELLEZZA DI LAGHZIRA

                                                             LA BELLEZZA DI LAGHZIRA

Solo un cartello scolorito segnala questa bellezza straordinaria della natura. Si scende sulla spiaggia attraverso una strada sterrata e sulla sinistra appaiono loro, giganti di pietra che da secoli stanno a guardare il delirio del mare e del vento. Ti incammini perché vuoi raggiungerli, vuoi toccarli, vuoi capire e amarli.

                                               Sidi Ifni - Spiaggia di Laghzira

Gli archi della scogliera di Laghzira ti fanno pensare. Ci si ferma prima di entrare sotto a queste gigantesche arcate, hai timore forse, ti senti un nulla in mezzo a questa natura dirompente, che ti ostacola i pensieri, che finge di amarti ma ti mette in discussione. Devi camminare 20 mn per passare sotto a tutti questi archi, intervallati da fine spiaggia dorata e come degli enormi monumenti alla memoria, riescono a farti sentire piccolo, minuscolo, fuori posto. Quando alzi gli occhi e guardi le arcate di pietra sopra la tua testa, in quel preciso momento, la sensazione di vuoto si impadronisce, ti prende e si mescola con l'incanto dell'opera, con l'angoscia della sparizione. Nelle orecchie sconvolte dal rumore amplificato della risacca riesci a percepire rumori e suoni lontani, ancestrali, ma vividi e profondi che si abbattono senza sosta nella tua mente e nei tuoi pensieri quasi inesistenti davanti a questo capolavoro.

E poi capisci che la natura é grande, immensa, meravigliosa e instancabile. E poi quanto te ne vai, dall'alto della scogliera guardi giù, devi fermarti un momento, un attimo solo, per catturare e memorizzare tutto questo e cercare di ristabilire un contatto con quello che sei. Cosi lo stesso di fronte a miraggi di luce e colori, il luccichio dell'acqua che si riposa e si ristagna nella sabbia formando laghi laghetti forme, miraggi, ecco che di fronte al silenzio e a questa meraviglia riesci a percepire il tuo io e vorresti non lasciarlo ma.



mercoledì 11 giugno 2014

UN POPOLO, UNA NAZIONE - I SAHARAWI ANTICO E NOBILE POPOLO DIMENTICATO


MAROCCO E WESTERN SAHARA

Agadir -Tiznit - Aglou Plage - Mirleft - Ifni - Tan -Tan
Laayoune-TanTan-Tata-Tafraoute-Agadir

                              
In bleu viaggio 2008
Km1000 circa                               
In rosso 2010 Km.1800 circa

 

Il muro di Berlino è stato abbattuto, il muro eretto da Israele è giustamente criticato, Il kuweit fu liberato dall'invasore con le armi, Perché di questo muro lungo migliaia di chilometri con postazioni armate e ampia fascia minata, si parla di forse un milione di mine anti uomo prodotte a suo tempo anche dalla nostra ottomelara. nessuno dice nulla? perche nessuno fa nulla perche? Il Western Sahara una Nazione prima colonia della Spagna poi invasa prepotentemente dal Marocco I Saharawi, ormai da 27 anni, lottano contro i marocchini per liberare la propria terra. Neppure gli interventi internazionali come quelli dell`ONU che presiede questa situazione dal 1990, riescono a fare in modo che sia fatta GIUSTIZIA.



 
 

BREVE STORIA

1884 - In piena colonizzazione africana, il trattato di Berlino sancisce i confini del Sahara Occidentale, abitata dal popolo Saharawi, che diventa colonia spagnola, rispetto a Marocco e Mauritania, colonie francesi. 1975 La Spagna si ritira dal Sahara Occidentale, cedendolo al Marocco e Mauritania in maniera da poter continuare a sfruttarne le immense risorse.

1975 - Il Marocco e la Mauritania invadono cosi` Sahara Occidentale pronti a dividersi il territorio e le ingenti risorse naturali, essi sono contrastati dal Fronte Polisario (esercito Saharawi). Il Marocco tenta di mascherare l’invasione tramite la Marcia Verde, cioè un insediamento di coloni marocchini nel territorio del Sahara Occidentale.



 1975 -  Una parte della popolazione civile, per sfuggire al genocidio, si rifugia nel deserto sud-ovest algerino, in prossimità di Tindouf.

1976 - Viene proclamata la RASD (Repubblica Araba Saharawi Democratica) sul territorio dell’ex Sahara Occidentale. Sarà riconosciuta da 74 Paesi.

1978 - La Mauritania, a seguito di un golpe militare, rinunzia al conflitto e il nuovo governo ratifica (1979) un accordo di pace con il Fronte Polisario. 

1978 - Il Marocco raddoppia quindi il proprio sforzo bellico e invade anche la parte meridionale del Sahara Occidentale. Inizia la costruzione di un muro che sarà lungo 2700 Km e 5 m, a difesa del territorio prepotentemente occupato

1988 Risoluzione ONU 621/88 e seguenti: viene istituita la MINURSO (Missione delle Nazioni Unite per il Referendum del Sahara Occidentale) e stabilito un piano di pace.




 



 
2010 - Sono ormai 22 anni che L`ONU e` presente in questi territori, ed ancora non si e` trovata un concreta soluzione a questa chiara e palese occupazione prepotente della monarchia marocchina nei territori del Sahara Occidentale.


lunedì 9 giugno 2014

COLOMBIA - I suoi Smeraldi

COLOMBIA
E MUZO IL PAESE DEGLI SMERALDI


Grandi proprietari terrieri che vivono buncherati all'interno di ville militarizzate, e desplaçados che dalle campagne si spostano in città, per popi vagare tra baraccopoli. Entrambe queste vite si vivono in Colombia un paese con abnormi ingiustizie sociali assecondate da un sistema politico ed economico tra i più antiquati e violenti del mondo, forse oggi qualcosa si muove e le città sono più sicure. Io personalmente non ho mai avuto o provato la sensazione di pericolo, pur frequentando quartieri fuori dai circuiti turistici. Certo! importante è anche come ti proponi.

Chi può abbandona il paese: tanti, più di un milione e mezzo di colombiani negli ultimi anni. Narcos e bambini soldato, FARC e paramilitari, massacri e sparizioni sono le dure realtà di un paese pieno di contraddizioni, ben lontano dal sogno esotico di Macondo e del realismo magico di Garcia Marquez.

Bogotà anche con i 2.600 metri di quota, a Bogotà fa caldo. Ma più che altro è la fatica che si fa a respirare sulle Ande. Sei milioni di abitanti, in maggioranza meticci, e il caos tipico delle megalopoli sudamericane, dove la giornata passa in un'apparente normalità, lavorando o arrangiandosi sotto l'occhio più o meno vigile delle forze dell'ordine.
La Colombia è uno dei paesi che riceve più aiuti militari al mondo: armi, mezzi e assistenza provengono dagli Stati Uniti che, con il pretesto di combattere droga e narcotraffico, possono giustificare quello che attualmente è il più imponente intervento militare nordamericano nella regione andina, il Plan Colombia. Il paese è spartito in territori: nelle zone controllate dai guerriglieri delle Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia (FARC) continua la lotta, di ispirazione socialista e perciò inizialmente caldeggiata dalla base contadina, contro il potere e il terrorismo di stato, ma che ormai assume gli stessi modelli di violenza dei suoi nemici. L'altra branca del conflitto, le forze paramilitari della destra estremista, pagate dal governo con soldi USA, si occupano di ripulire il paese da chiunque sia sospettato di collaborare con la guerriglia: a farne le spese oppositori politici e sindacalisti, difensori dei diritti umani e giornalisti ma, per lo più, poveri contadini.

A poca distanza da Bogotà sulle rive del lago vulcanico di Guatavita prende origine il mito dell'El Dorado. Ai conquistadores spagnoli, noti per la loro avidità, era giunta all'orecchio la leggenda di quella laguna in cui compiva le sue abluzioni un capo indio, ricoperto di manufatti e polvere d'oro, el indio dorado appunto. Poiché il rituale prevedeva che l'oro venisse gettato, alla fine della cerimonia, nelle acque della laguna, gli spagnoli ritenettero di aver trovato il luogo ideale per le loro razzie. Cominciarono le spedizioni e tutto quello che ne seguì. Di riserve del prezioso metallo, in realtà, ce n'erano ben poche perché gli indios, che usavano l'oro solo come ornamento, lo ricavavano dai traffici con le popolazioni vicine. Ma la ricerca dell'El Dorado traccia, a metà tra storia e mito, una delle tappe della colonizzazione spagnola di questa parte dei Tropici, con l'appropriazione della terra degli indios e la distruzione delle civiltà precolombiane. Insomma non certo un buon inizio nella storia della Colombia, che di quel periodo ha conservato le affascinanti città che gli spagnoli, tra una conquista e l'altra, seppero costruire. 

Chi va oggi in Colombia si ferma soprattutto a Cartagena de Indias, passeggia nelle sue viuzze lastricate, ammira lo splendore di edifici e chiese e se ne va a consumare la notte in un'allegra frenesia caraibica un po' stereotipata. Tra le spesse mura del magnifico convento di Santa Clara, la frescura di logge e chiostri, che ha fatto sognare nei racconti di Garcia Marquez, rimane a disposizione solo di chi può permettersi il più lussuoso albergo a cinque stelle di Cartagena oppure nel quartiere (come ho descritto prima) di "Bocagrande" . dove assurdi grattacieli a sud della città vecchia, fanno da sfondo alla baia. 
Se la situazione della Colombia non richiedesse parecchia cautela sarebbe magnifico attraversare l'intero paese, dal mar dei Caraibi alle coste del Pacifico, dai paesaggi andini agli ambienti amazzonici. 

Sul litorale caraibico la Sierra Nevada de Santa Marta, la catena montuosa costiera più elevata al mondo, si getta nel mare creando numerose belle insenature. In quest'area è stato istituito nel 1964 il Parque Nacional Tayrona che protegge 15,000 ettari di territorio, 3,000 dei quali marini, e il rimanente costituto da ambienti terrestri secchi e umidi che arrivano fino a 900 metri di altezza. Nascosti nella folta giungla della Sierra Nevada, si trovano i resti della civiltà precolombiana dei Tayrona della Ciudad Perdida, uno dei siti archeologici più importanti della regione. Si raggiunge da Santa Marta (vedi diario) con una marcia di tre giorni, affidandosi a guide e mai da soli o guide improvvisate.

Con tanti giorni a disposizione si può arrivare sul versante Pacifico, nella magnifica regione del Chocò, dove il parco Los Katiòs protegge un'area ad altissima biodiversità, peccato che questa è la zona più umida di tutta la Colombia. Sfortunatamente l'area attorno al parco è seriamente danneggiata dalla deforestazione, operata dalle multinazionali dello sfruttamento del legname; il conflitto con la popolazione locale, arbitrariamente espropriata dalla propria terra, è ancora in corso. 
Adagiate sulla cordigliera a migliaia di metri di quota, Bogotà e Medellin sono le due città più dinamiche. Molto più attraenti i piccoli puebli dei rilievi andini animati dalla gente che, una volta alla settimana, arriva dalle campagne per il mercato. Infine come già descritta più volte c'è Cartagena de indias coloniale e cinematografica, secondo alcuni (anche per me ) la città più bella della Colombia io direi forse del scentro e sud'America.


 ORIZZONTI LONTANI

MUZO

La Colombia è un paese meraviglio luogo dai mille colori. Un paese da sogno tra leggende e realtà. In ogni luogo troverete gente sorridente e ospitale pronto a regalarvi un ricordo che non potrà mai svanire.
Un mio desiderio era quello di visitare e arrivare a MUZO che si trova a 250 km da Bogotà. Questo è il luogo con la più grande miniera di smeraldi al mondo da dove vengono esportati più del 60% della produzione mondiale. Solo che è quasi impossibile arrivarci se non conosci o hai degli agganci e non sei scortate dalle persone giuste. La strada è difficile e tortuosa oltre a essere pericolosissima per i vari motivi che potete immaginare . Quindi come ripeto è quasi impossibile arrivarci.



La gente che vive vicino a questa cittadina vivono tutti di speranza, c'è la febbre dell'oro verde. Tutti sperano e sognano di trovare una pietra per fare un po di fortuna, la ricerca continua da diverse generazioni. Chi trova solo una piccola pietrina diventa "guaqueros", parola che deriva da guaca come gli indigeni chiamavano i tesori che sotterravano durante il periodo della conquista: gente che può solo cercare fra i sassi che finiscono nel fiume Minero.Se fra una lavata e l'altra trovano uno smeraldo se lo tengono. I più fortunati lavorano per le imprese anche se non ricevono un salario - ma cibo, un materasso, una picozza di acciaio, stivali e un casco. Sono autorizzati a entrare nei tunnel da cui estraggono gli smeraldi. L'operaio può tenersi ciò che trova dopo che sono usciti i capi con il meglio della produzione. C'è Victor Carranza (Colombiano) è lo zar degli smeraldi, un uomo ce a sette anni si rifugiò in queste montagne per non uscirne mai più. Oggi ha circa 73 anni e nulla si muove nel mercato delle gemme senza il suo avvallo che è il proprietario del 60% dei giacimenti. Un detto dice "dove lui guarda spuntano smeraldi" La famosa rivista "Forbes" aveva calcolato che la sua fortuna è in milioni di dollari.

lunedì 10 marzo 2014

VIAGGIARE PER VIVERE, VIVERE PER VIAGGIARE

VIAGGIARE PER VIVERE , VIVERE PER VIAGGIARE 

I primi giorni dal ritorno da un viaggio è come se si vivesse in un altro mondo con difficoltà a riprendere i ritmi della quotidianità. La mente è occupata a rielaborare quello che si è memorizzato dall’epoca della partenza. Ripercorri la strada che hai seguito, riassapori l’emozioni vissute, riascolti i suoni, rivedi i volti delle persone incontrate, ecc. In poche parole ripeti mentalmente quello che hai appreso durante il viaggio come se leggessi pagine di un libro: del libro della vita. In fondo come diceva Sant’Agostino  Il mondo è un libro e chi non viaggia ne conosce solo la prima pagina.
 Ma cosa spinge a viaggiare? Prima di tutto  la curiosità di scoprire cosa c’è dall’altra parte del mondo, poi, come dice Tiziano Terzani, “Viaggiare esalta, ricarica, dà da pensare,  fa vivere. L'arrivo in un paese nuovo, in un posto lontano, è ogni volta una fiammata, un innamoramento. Riempie di emozioni”.
Viaggiare mi ha regalato le emozioni più belle ed indescrivibili perché è difficile raccontare cosa si prova ad ammirare sconfinati paesaggi senza orizzonti, sotto cieli immensi, infuocati o stellati, che ti sembra di poter toccare con un dito sugli aspri  paesaggi andini  o ad ascoltare  le più belle sinfonie che la grande foresta amazzonica  possa regalare o ad osservare i lunghi tramonti, gli sguardi, i sorrisi delle tante persone incontrate lungo il cammino che spesso, con piccoli gesti, mi hanno trasmesso le più grandi lezioni di vita. Perdersi, prima fisicamente viaggiando e poi con la mente rielaborando, tra paesaggi nuovi, deserti, mari,  popoli e culture diverse e lontane da noi, riempie il bagaglio della propria vita, un bagaglio mai pieno e sempre affamato di altri mondi.
Sono da poco rientrato dal viaggio in Vietnam che avevo programmato da tempo ma che era li posteggiato nella mia mente. E’ stata un’esperienza unica che ha contribuito ad arricchire come non mai il bagaglio delle mie esperienze. Cosa mi resta adesso di questo viaggio? Sicuramente il ricordo del popolo vietnamita, del suo sorriso, della sua disponibilità ma anche il ricordo dell’incantevole baia di Halong. La baia di Halong un luogo meraviglioso e surreale con le sue quasi tremila isole che sembrano avvolgerti in un abbraccio e nasconderti per trascinarti in un mondo magico. Non occorre chiudere gli occhi per sognare perché è tutto lì e reale: l’alba  che ti sveglia, le nuvole basse e i picchi delle sommità delle isole da forme strane  che spuntano e si fanno largo per farsi baciare dal sole, poi la sera con il suo  tramonto, le luci dei villaggi e delle barche, il rumore dolce del mare. Verrebbe naturale urlare il proprio stupore di fronte a tanta  bellezza.
Al momento rielaboro questi ricordi rivivendo il sogno appena concluso ma non posso non proiettare la mia mente verso  una  nuova ed avvincente avventura.
Sono tanti i viaggi che ancora vorrei progettare che come in un film passeranno nella mia mente prima di potermi focalizzare su uno in particolare.
Solo quando avrò acquistato il volo saprò quale nuovo sogno mi attende per essere vissuto. A volte  la mente  si concentra  su un determinato paese. In questo momento sono di nuovo  in oriente. Dove? Ecco mi appare come per magia la cartina geografica, questo bellissimo pezzo di carta che racchiude il mondo ed miei sogni.


Idea di un prossimo viaggio

Si! mi trovo a Mosca, alla stazione, pronto per prendere il famoso treno della transmongolia che in 5 giorni mi farà scoprire altri mondi. Sono già seduto davanti ad un  finestrino ad ammirare paesaggi sterminati a tratti ghiacciati a tratti desertici. Vedo montagne e laghi immensi! Si! il lago Baikal  con il suo spettacolo determinato dai cristalli di ghiaccio di  color turchese, poi montagne spoglie, deserti, l’eterno cielo azzurro della Mongolia con le sue selvagge praterie e deserti in cui il tempo sembra essersi fermato all’epoca di Gengis Khan. Vedo la grande muraglia Cinese, costruita seguendo i pendii dei monti, attraversando deserti, praterie e paludi, nota come una delle sette meraviglie del mondo, con le sue grandiose mura che si estendono per quasi 7000 km, poi Pechino con i suoi avveniristici  grattacieli, la sua grande piazza e la famosa città proibita. Eccomi in volo da Pechino al  Laos ad ammirare i sui templi maestosi, caverne che nascondono statue del Budda, resti di antiche città e siti preistorici ma anche immense foreste e campi di riso. Sono, poi, di colpo in Cambogia un paese con una storia gloriosa, quella del regno Khmer che per oltre otto secoli ha dominato l’intera regione, a visitare il tempio di Angkor Wat considerato il più vasto sito religioso al mondo: uno dei luoghi tra i più suggestivi del pianeta  dove è possibile ammirare i resti di edifici risalenti a varie epoche e per questo anche molto differenti fra loro. Questa magnifica zona, che in passato è stata abbandonata e nascosta dalla foresta, è stata riscoperta circa 150 anni fa, affermandosi come uno dei siti archeologici di notevole interesse artistico ed architettonico, tra i più visitati del pianeta. Il sogno continua sull’aereo che di nuovo mi riporterà a casa per rielaborare quello che la mente, l’anima, ha conservato, per rigenerarmi e continuare a nutrirmi delle bellezze di questo nostro mondo meraviglioso.

martedì 25 febbraio 2014

VIETNAM - Visitare i tunnel di CU CHI, un'esperienza unica

CU CHI


Voglio raccontarvi dell’esperienza vissuta  durante la visita ai  Tunnel di CU CHI. Prima di scrivere queste righe mi sono fermato a riflettere per meglio rielaborare ciò che ho visto e ciò che ho provato.
Erano anni che desideravo fare questa visita ai Tunnel,  influenzato dai tanti film girati  sulla guerra del Vietnam, per capire la strategia adottata dai Vietcong per sconfiggere prima i Francesi nella guerra di liberazione (1945 – 1954) e poi  Americani tra il 1960 e il 1975. Questi tunnel sono costituiti da  una fitta rete di gallerie sotterrane costruite su due- tre livelli di profondità, ampliati in occasione della guerra del 60-75, che consentivano ai guerriglieri di muoversi senza essere visti, di portare rifornimenti, informazioni e soprattutto di sopravvivere alla schiacciante superiorità del nemico dotato di sofisticati e moderni armamenti e che bombardavano per via aerea. Dentro questi tunnel si trovava di tutto: ospedali, depositi di armi, dormitori, cucine e tante altre cose necessarie alla sopravvivenza e al combattimento. Essi
Appena giunti da Mui Ne ad  Ho Chi Minh ci organizziamo per la visita ai tunnel. L’intenzione era quella di riuscire a visitarli liberamente senza ricorrere a nessuna agenzia per evitare i ritmi imposti dalle guide per riuscire a far muovere il gruppo in armonia e per avere il giusto silenzio, necessario per riflettere, immedesimarsi e ricreare  nella mente situazioni passate. Tuttavia, un po’ per pigrizia, un po’ per mancanza di tempo, ci rivolgiamo ad una delle tantissime agenzie che propongono questo tour.


Di buon mattino viene a prenderci davanti all’agenzia un ragazzo che sarà la nostra guida per tutta la giornata. In compagnia di altre 20 o 25  persone di varie provenienze partiamo in bus alla volta di CU CHI. Arrivati sul posto la guida fa i biglietti per tutti e attraverso un tunnel (non dei Vietcong J ) arriviamo in una sala dove ci viene proiettato un documentario del 1967 che illustra la vita dei soldati rivoluzionari e le modalità di collaborazione dei civili nella lotta armata. Finito il documentario ci spostiamo  all'imbocco di uno dei tunnel. La guida  indica un punto sul terreno dove si vedono altro che foglie e terra: nessun buco, nessun segno visibile. 

In un secondo momento muove alcune foglie col piede e scopre una piccola botola di legno rettangolare, non più lunga di 40 cm e larga 30. La apre e spiega che quella è un'entrata "standard", mantenuta con le misure originali per dare meglio l’idea ai visitatori di ciò che sono state le strategie adottate. Chiede se qualcuno se la sente di entrare chiudendo l’ingresso con il coperchio dopo essere entrato. Dentro non si vede altro che una biforcazione e poi il buio, in entrambe le direzioni: sembra la tana di una talpa. "Il volontario deve essere magro," spiega, "a misura di vietnamita." Poi fa una  battuta: io riuscivo a capire perché vicino c’era una coppia di francesi il quale traduceva alla sua ragazza e di conseguenza ascoltavo, Mary era alle prese con le foto. "I soldati americani, rimanevano bloccati quando cercavano di entrare nei tunnel perché erano grassi." Simula una pancia gonfia con le braccia. "Gli piaceva troppo fumare la marjuana, e la marjuana mette fame."


Mentre con la mente cercavo di proiettarmi a quel periodo, uno sparo in lontananza mi distrae, poi un altro e un altro ancora. "Hai sentito?" chiedo a Mary. Lei non l'ha sentito,  io mi sto sicuramente sbagliando. Deve essere una mia fantasia legata al luogo in cui mi trovo,  certo è che questo  mi preoccupa ( oppure  è colpa dei  troppi film spazzatura che Hollywood ha dedicato al tema e che io mi sono sorbito. Proseguiamo  per ammirare le micidiali e atroci trappole che i VietCong nascondevano per impedire ai loro nemici di trovare i tunnel. Vecchie gabbie per tigri, buche con una varietà di spuntoni in bambù o in ferro, insomma lascio a voi immaginare le conseguenze dei soldati vittime di queste trappole. I malcapitati rimanevano così bloccati e feriti, finché i VietCong non andavano a recuperarli per portarli nelle prigioni e trasferirli poi ad Hanoi, nel Nord. Camminiamo nel bosco e li noto un curioso cartello con su scritto  “non fumare”, meravigliato penso “cavoli! Sono davvero avanti, vietano di fumare anche nei parchi”. Su un opuscolo c’è scritto che in quel periodo il bosco non c’era perché non vi era rimasto alcun albero. Solo terra bruciata, grazie ai bombardamenti al Napalm ed agli agenti chimici a base di diossina usati dagli Americani. Oggi è un bellissimo bosco pieno di alberi da cui si ricava la gomma. Proseguiamo e ci avviciniamo ad un albero che ha un foro vicino alle radici, ecco! 


Questo è un’altra trappola anzi più precisamente una postazione per spiare o fare imboscate al nemico. Infatti sotto le radici vi è il tunnel.  Poco lontano troviamo un   carro armato americano, probabilmente danneggiato da una mina anticarro. Quì sento di nuovo gli spari. Una vera e propria mitragliata ed anche molto vicina. Poi altri spari ancor più vicini, adesso anche Mary li ha sentiti, ho un sospiro di sollievo “Non sono in guerra  nel Vietnam J”. Finalmente arriviamo alla sorgente  di quel rumore e io resto sbalordito: c'è una cava di terra rossa alla cui estremità sono sistemate diverse armi: gli AK47 vanno per la maggiore, ma c'è anche un M16 montato su un cavalletto, a bordo di una Jeep dell'esercito americano. Adesso capisco perché la guida sul bus diceva che si poteva anche sparare, ma pensavo che forse Mary  non avesse capito bene.  Quindi per una cifra dai 30.000 ai 60.000 VND è possibile sparare con una di quelle armi. Noto che sono in molti a provare anche uno di noi, un australiano, decide di farlo. Mi avvicino incuriosito alla postazione ma sono subito fermato da un soldato  che mi invita a fare il biglietto ed a prendere le cuffie.  A me non interessa, odio in genere tutte le armi poi figuriamoci quelle che hanno ucciso tantissime persone. Comunque la situazione è bizzarra: in un luogo in cui un'atroce guerra d'aggressione ha avuto luogo, turisti occidentali, provenienti da quello stesso mondo un tempo sconfitto, impugnano quelle stesse armi per gioco, sotto gli occhi annoiati dei locali che con intelligenza hanno ben saputo rielaborare la sofferenza passata per coglierne il lato positivo riuscendo oggi a ricavare profitti.  Nel frattempo l’australiano si mette in posizione con le gambe una davanti all'altra, avvicina un occhio al mirino, si concentra e Ta-ta-ta- fa fuoco, sembra soddisfatto. Il soldato vietnamita, responsabile di quell'arma, lo guarda con un'espressione insignificante ad una distanza di un metro. Si avvicina per ricaricare il fucile, senza dire una parola, poi torna al suo posto e di nuovo Ta-ta-ta . Ho la sensazione che tutto questo non gli piaccia affatto. Quanto a me, perdo volentieri l'occasione di impugnare un'arma per la prima volta, ma come dicevo non è una delle mie aspirazioni J.


Dopo aaver mangiato una bella  pannocchia di granoturco arrostita lasciamo il poligono di tiro, arriviamo all’entrata di un tunnel, la guida ci dice che chi vuole e se la sente può provare ad entrare, tutti ci cimentiamo in questa esperienza, io sono tra i primi. Mary in un primo momento è titubante,  ma forse spinta dalla sua curiosità o dalla sua audacia incoscienza si infila nel tunnel senza sapere cosa  gli avrebbe riservato questa sua curiosità. Una volta dentro al primo tunnel, si scende  in un secondo assimilabile al buco di una talpa e da dove è impossibile ritornare indietro. 


Mi precede una guida che forse per la sua velocità eccessiva improvvisamente scompare dal mio campo visivo. Io comincio a fare respiri profondi, sento che mi manca l’aria, il tunnel mi pareva infinito. Pensavo a come avrebbe fatto Mary e comincio a preoccuparmi sul serio. Procedo con ansia e anche con un po di paura,  ad un certo punto arrivo a  una biforcazione e sono indeciso se andare a destra o a sinistra, la luce che penetra da una parte mi fa capire che di la c’è l’uscita, cosi finalmente rivedo il cielo .


Nel frattempo sento la voce di Mary che urla quasi disperata chiamandomi, mi avvicino  di nuovo al tunnel e la guido con la voce . Finalmente esce  con un viso quasi cadaverico. Penso che questa esperienza le abbia fatta capire che occorre anche saper rinunciare a certe esperienze che spesso si rivelano traumatiche. Quando siamo di nuovo tutti fuori, stravolti ma  contenti di essere ancora vivi, dopo averci contati, la guida sorridente  dice: "Se volete continuare a camminare da quella parte potete sbucare fino in Cambogia! E pensate" continua " che una parte dei tunnel si trovava proprio sotto una delle basi americane. Loro cercavano Charlie, e lo l'avevano sotto al sedere!"
Continuava a raccontarci che le scarpe erano costruite con la gomma dei copertoni dei blindati catturati agli Americani e che spesso i Vietcong usavano astuzie, all’apparenza banali, per ingannarli, come per esempio indossare calzature la cui suola è attaccata alla tomaia al contrario, in modo da far pensare di andare nella direzione opposta a quella invece effettiva.
Per concludere, è incredibile, inimmaginabile, pensare a come questo popolo sia riuscito con pochi mezzi  ma con l'astuzia a tener testa ed a sconfiggere gli americani. L'ingresso nei tunnel non è consigliato a chi soffre di claustrofobia ed anche chi non ne soffre, come me...... ma è un'esperienza che sono felice di aver fatto.

CIAO VIETNAM.

lunedì 24 febbraio 2014

VIETNAM - Ho Chi Minh e il Delta del Mekong

Ho Chi Minh

La città più grande del Vietnam è Ho Chi Minh City, la vecchia Saigon, nel sud del Paese, dove ufficialmente risiedono quattro milioni di abitanti, I nuovi edifici, i lussuosi alberghi e gli sfavillanti negozi sono il simbolo della prosperità della città, mentre il caos provocato dalla frenesia del traffico e l'inquinamento sono la prova tangibile della tenace volontà dei vietnamiti di migliorare la propria sorte. Saigon è per certi versi soffocante, vi regna la confusione ed è quasi impossibile raggiungere a piedi qualsiasi meta turistica. La casa più incredibile a Saigon cosi come anche ad Hanoi stà nell’attraversare la strada, questo è davvero una grande avventura. Ma dopo un po, una volta  capito come fare si riesce ad attraversare senza essere travolti. Avvicinarsi al bordo della strada da attraversare, aspettare il momento buono e camminare a passo spedito e sicuro, guardare avanti senza fermarsi e senza preoccuparsi  di evitare le motorette,  andare avanti deciso. Sono le moto che ti evitano e no tu! Vi assicuro che diventa anche quasi divertente.

Un'interessante esperienza per chi visita Saigon è girare per il mercato coperto di Ben Tran. Entrandoci si è subito immersi nella soffocante atmosfera delle innumerevoli bancarelle dove si vende di tutto: scarpe, vestiti, cappellini cornici, borse, utensili per la casa. Al centro della struttura è situata la zona gastronomica dove, tra verdure e frutti tropicali, si trovano anche banchetti che preparano sul momento leccornie locali di ogni tipo. È un grande caos e bisogna stare attenti a non perdersi tra gli sfavillanti colori delle stoffe accumulate in torri che arrivano fino al soffitto. E’ davvero interessante  andarci  per vivere l'atmosfera frenetica del contrattare vietnamita e, magari, acquistare qualche regalino da portare in Italia. Noi l’abbiamo fatto. 

         - Pagoda di Quan Am -

Una è quella di Quan Am, sorta in onore della dea della misericordia, che presenta un tetto istoriato con scene fantastiche ispirate a drammi e leggende cinesi, porte decorate con antichi pannelli di legno dorati e pitture murali in rilievo. 
- Pagoda di Thien Hau -

L’altra è la pagoda Thien Hau, dedicata alla dea protettrice dei naviganti. La Cattedrale di Notre Dame, risalente al 1877, è invece in stile romanico, insieme al vicino Ufficio postale, entrambi retaggio del periodo coloniale.
Degni di nota sono anche i musei dedicati alla Rivoluzione Comunista ed alla Guerra del Vietnam, oltre che ai famosi tunnel di  , che dista da Saigon circa 60 chilometri e che ne parlerò a parte. 

Delta del Mekong




ll delta del Mekong è uno dei luoghi più affascinanti del pianeta. Il fiume è immenso, tanto da sembrare un mare marrone nei punti in cui si allarga e si appropria del paesaggio, ma gli scorci più interessanti sono i piccoli rivoli e le paludi che gli stanno intorno, come anche i mercati galleggianti e i villaggi su terra ferma che garantiscono un'esperienza unica e indimenticabile.



Sul Delta, dove si venerano Buddha, Victor Hugo e Shakespeare.
Il Mekong, dopo gli scempi della guerra, oggi è una zona turistica di una repubblica socialista che ha riscoperto il business e la religione. Anzi, le religioni: come quella del cocco, che mescola cristianesimo e buddismo. O come il Cao Dai che, tra gli dei, colloca alcuni personaggi della storia

Il Delta è un rompicapo religioso. È come se il fiume dei Nove Draghi riversasse qui i mille culti che incontra sul suo cammino. Ogni invasore ha provato a imporre la sua confessione, ma i vietnamiti hanno mischiato divinità e santi, sacro e profano. Il risultato? Il caodaismo, che venera Gesù e Buddha, Confucio e Maometto, ma anche Giovanna d’Arco e Victor Hugo. 
E poi la religione del cocco e il suo pazzo fondatore: il Coconut Monk.” Qui sul delta gli abitanti  sembrano hanno  elaborato una sorta di culto fai-da-te: “Non c’è guerra di religione sul delta solo un po’ di confusione”. 

Il Mekong è il fiume più lungo dell’Indocina: un tortuoso serpente , che striscia per 4.900 chilometri. I vietnamiti lo chiamano Song Cuu Long (Fiume dei Nove Draghi). Il suo delta è una vasta pianura lussureggiante, densamente popolata (venti milioni di vietnamiti) e coltivata in modo intensivo: canna da zucchero, cocco, riso.


«Il Mekong è nostro padre» raccontano quelli del Delta, «alleva i nostri figli, li lava, gli dà da mangiare e da bere. Ma a volte si arrabbia e allora bisogna averne paura».
Come non ricordare  il tifone Durian, che nel 2006 ha colpito la provincia di Ben Tre, con un centinaio di morti, duecentomila sfollati, ottocento pescherecci affondati:
Quando non è la natura a colpire, ci pensano gli uomini. O più precisamente gli americani. In dieci anni di bombardamenti, dal 1965 al ‘75, gli Stati Uniti hanno lanciato sul delta 72 milioni di litri di Agent Orange: un veleno defoliante che doveva colpire i vietcong, ma ha invece devastato i campi e la popolazione civile
.

La Repubblica socialista del Vietnam ha vissuto, infatti, negli ultimi anni un boom economico e subito ha  cominciato a preoccuparsi anche di uno sviluppo eco-compatibile. Se quindici anni fa il reddito medio pro capite era di 220 dollari l'anno, l'inflazione al 40 per cento e c'era un telefono ogni 531 abitanti, oggi il reddito è salito a tremila dollari, l'inflazione è scesa sotto il 4 per cento, l'economia cresce a un ritmo del 7 per cento l’anno e nelle grandi città anche i conducenti di risciò hanno il cellulare. 

Uno sviluppo dei consumi, quello in corso in Vietnam, che il Mekong deve sostenere con le sue coltivazioni sempre più intensive
. Solo visitando  i mille villaggi del delta si scopre l'eclettica religione dei suoi abitanti: templi buddisti, pagode, moschee, chiese. Qui non c’è scontro di religione. Ogni confessione si contamina con le altre: buddismo, confucianesimo, taoismo, cristianesimo, culto degli antenati, induismo, islam. Basta visitare la cittadina di Chau Doc per farsene un'idea. Qui, si incontra la comunità musulmana cham: nella piccola moschea di Mubarak, i bimbi studiano il Corano e l'arabo.
Ma i musulmani cham seguono una libera interpretazione della legge islamica e i loro rituali coesistono con l'animismo e il culto indù. E cosi, quando compiono 15 anni, i ragazzi sono sottoposti a una circoncisione ma  solo simbolica: il celebrante prende un coltello di legno e si limita a simulare il gesto del taglio.

Ma il vero emblema della fusione tra religioni è senz'altro il caodaismo, con i suoi sette milioni di fedeli. 

Fondata nel 1926 nel Sud del Vietnam, questa setta ha una struttura gerarchica simile a quella della Chiesa cattolica: pontefice, cardinali, vescovi e preti. Con una differenza, però: qui anche alle donne è consentito raggiungere la carica di cardinale. Il caodaismo è una religione sincretica, commistione di culti orientali e occidentali. Crede in un unico dio (rappresentato come un occhio divino), che avrebbe fondato tutte le religioni più diffuse nel mondo. Venera santi, o spiriti guida, i più diversi: Krishna, Mosé, Confucio, Gesù, Buddha, Maometto, per arrivare fino a Giovanna d'Arco, Victor Hugo e William Shakespeare. I caodaisti aspirano, infatti, a creare la religione perfetta e per questo non si preoccupano di mischiare sacro e profano. Dicono «Non vogliamo creare un mondo grigio, dove tutte le religioni sono esattamente uguali, ma solo un mondo più tollerante, perché siamo convinti che le religioni hanno la stessa origine divina, sia Dio, Allah o il Tao, e sono solo diverse manifestazioni di un'unica verità».
Altra religione è quella del cocco o  Tình Do Cu Si  conosciuto anche come “Monaco del cocco” Una combinazione tra buddismo e cattolicesimo.
L'origine del nome Coconut Monkè che  Nguyen Thanh Nam (nome del monaco) mangiò per tre anni solo noci di cocco e bevve solo il succo del frutto». O almeno così racconta la leggenda. Di certo si sa che Nguyen Thanh Nam è nato nel 1909 sul delta, a Ben Tre. 

Figlio della piccola borghesia locale, ha studiato chimica e fisica in Francia: a Lione, Caen e Rouen, dal 1928 al 1935. Poi, tornato a casa, si è sposato e ha avuto una figlia. Nel '45 però ha deciso di lasciare lavoro e famiglia, per ritirarsi a vita monastica. Per tre lunghi anni sarebbe rimasto a meditare giorno e notte su un lastrone di pietra. 




- Coconut Monk con la foto 
dello zio che fondò la religione -

Poi ha deciso di fondare una nuova religione, la  Tinh Do Cu Si.
A metà degli anni Settanta, i suoi seguaci erano oltre 3.500 e mille i suoi monaci. Predicava per un riunificazione pacifica dei due Vietnam. Per questo, nel 1969, era partito per Hanoi in bicicletta, ma dopo 300 chilometri di faticose pedalate era stato costretto a tornare indietro da una tribù di montagnards (cosi i francesi chiamavano le minoranze, che vivevano sulle montagne nel Nord). Tornato nella sua pagoda galleggiante sul fiume, aveva fatto costruire due alte torri: una rappresentava Saigon, l'altra Hanoi. E cosi ogni giorno poteva percorrere simbolicamente a piedi il suo viaggio tra le due capitali, pregando Per l’unificazione del paese Incarcerato per le sue eversive teorie pacifiste il «monaco del cocco» morì nel 1990. La sua religione è oggi scomparsa dall'isola, ma gli abitanti del Mekong lo ricordano ancora con rispetto. «Non era né un'impostore né un santo» si racconta «ma solo un vecchio saggio, stanco delle guerre che amava la PACE

Bèn Tre 
Il Delta del Mekong è una zona situata a sud del Vietnam. Il delta si è formato con i detriti depositati dal fiume Mekong nel corso dei secoli. Si tratta di uno dei fiumi più grandi del mondo, è talmente grande che registra due maree al giorno. In Vietnam è conosciuto come Song Cuu Long o Nine Dragons, perché la sua foce che scorre nel mare della Cina meridionale è divisa in 9 estuari. 












Questa zona, conosciuta come "paniere di riso" del paese, sta producendo abbastanza riso per sfamare tutta la nazione e per esportarne. Anche se è una zona prevalentemente rurale è una delle regioni del Vietnam con la più alta densità di popolazione e quasi la totalità della sua superficie è coltivata. Le popolazioni del Vietnam meridionale sono stanziate sulle rive del Mekong, la gente si muove da un sito all'altro in barche sul fiume attraverso la sua rete di canali, i mercanti scambiano le loro merci da una nave all'altra, intere famiglie vivono in chiatte, l'acqua di tutta la casa viene dal fiume e torna al fiume ... Il Mekong è uno stile di vita per i suoi abitanti. Uno dei volti più profondi e rurali del Vietnam. 

PROSSIMAMENTE ANDREMO  CU CHI 




































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